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Questo articolo è stato pubblicato il 10 aprile 2011 alle ore 14:45.

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Jonathan Franzen (Afp)Jonathan Franzen (Afp)

«Alla fine dell'estate, Blake aveva quasi terminato di lavorare al salone e lo stava equipaggiando con tutto l'armamentario blakeiano, che comprendeva una PlayStation, un tavolo da calcetto, uno spillatore di birra refrigerato, un grande schermo televisivo, un tavolo da hockey ad aria, un lampadario dei Vikings di vetro colorato, e poltrone reclinabili elettriche».

Spesso si ha l'impressione che i personaggi siano solo un alibi per poter elencare i prodotti che usano, o i comportamenti tipici dell'America odierna. «D'un tratto, nei giorni successivi all'undici settembre, tutto cominciò a sembrargli molto stupido. Era stupido che si tenesse una "Veglia di Solidarietà" senza alcuna plausibile motivazione pratica, era stupido che la gente continuasse a rivedere il filmato del disastro, era stupido che i ragazzi della Chi Phi appendessero uno striscione di "sostegno" fuori dalla loro casa, era stupido che la partita di football contro Penn State venisse annullata, era stupido che tanti studenti lasciassero i Grounds per stare con la famiglia (ed era stupido che tutti alla University of Virginia dicessero "Grounds" anziché "campus")».

La necessità di ricorrere a parole inglesi – football, Grounds, campus – è spia di una difficoltà più estesa cui andrà incontro il lettore italiano. Franzen vuole riempirci la testa non solo di oggetti e costumi, ma anche di tutti i modi di dire e le idiosincrasie sintattiche dell'americano contemporaneo. Il lettore americano godrà dell'esattezza dell'occhio e dell'orecchio di Franzen. Ma la traduttrice, per quanto brillante (e Silvia Pareschi lo è), non può comunicare lo snobismo dell'inglese Grounds rispetto all'americano campus; né può farci sentire le parole orrende – es. mechanized recliners – usate per definire certi oggetti orrendi (ma all'italiano sconosciuti); le poltrone reclinabili elettriche.

Se Stamm, possiamo azzardare, scrive di chiunque per tutti e ovunque, curandosi poco della Svizzera, Franzen scrive di tutti gli americani per alcuni americani, quelli, cioè, che si compiacciono di questa eloquente evocazione/condanna, curandosi poco (anche giustamente) degli stranieri. È la vocazione enciclopedica a determinare l'intreccio. Dev'essere esteso a un numero di personaggi sufficientemente grande da dare l'impressione di abbracciare tutta la società; deve spaziare dalla provincia più anonima – St. Pauls, Minnesota (luogo di nascita di Franzen) – ai centri di potere a Washington e New York (dove Franzen vive adesso), per farci sperimentare appieno la volgarità e l'immoralità dell'America dell'era Bush. Ne viene fuori una storia insieme schematica e confusa e, in certi momenti chiave, poco credibile.

Figlia di ricchi liberali di New York, Patty rigetta le loro aspirazioni opprimenti quanto irrealistiche nei suoi riguardi per giocare invece a basket per l'università del Minnesota; diventa così una jock, parola squisitamente americana che denota il giovane atleta grezzo e presuntuoso. Al college incontra il mite ambientalista Walter e il suo compagno d'appartamento, lo scafato cantante punk Richard. Walter si invaghisce di Patty e Patty di Richard. Rifiutata da Richard, Patty sposerà Walter e farà due figli.

Ogni personaggio (ci sono moltissime figure minori) cercherà una libertà personale (occhio al titolo) per poter raggiungere un sogno a scapito degli altri. Patty deve arrivare a un rapporto con Richard, Richard alla celebrità artistica. Walter, ormai avvocato, ossessionato da idee maltusiane sulla sovrappopolazione, sogna di contribuire alla salvezza della pianeta. C'è anche il figlio di Patty e Walter, Joey, che cercherà testardamente l'indipendenza attraverso il guadagno, anche illecito. Tranne Walter (ovviamente), ognuno arriverà ad avere quello che vuole rimanendo (ovviamente) deluso e ritirandosi a una vita più tranquilla. Approfittando della guerra in Iraq, ad esempio, Joey, ormai Repubblicano rampante, guadagnerà una fortuna trafficando componenti difettosi per carri armati tra Paraguay e Iraq.

Ma l'intreccio principale verte intorno a Walter, che si mette in società con un losco politico che ha escogitato un progetto per salvare un uccello raro e forse in via di estinzione, la dendroica cerulea, creando una riserva naturale di cento miglia quadrate; purtroppo, per poter finanziare il progetto deve prima ottenere l'autorizzazione a estrarre carbone da quasi un terzo dei terreni. Incredibilmente Walter, adesso innamorato della sua giovane segretaria e separato da Patty, non capisce che la riserva è solo un pretesto per rimuovere gli abitanti dalla zona e sfruttarne le risorse minerarie. Quando finalmente se ne rende conto (cento pagine dopo rispetto al lettore) si lancia, durante una riunione, in una folle protesta che si conclude al grido di: «Siamo il cancro del pianeta!».

Diventa chiaro il senso di una prosa così densa di informazioni. Le delusioni dei personaggi sono sempre il frutto amaro di un deficit di consapevolezza. Accecati dai desideri non vedono, non capiscono, finché non è troppo tardi. Franzen invece vede tutto, capisce tutto. E soprattutto capisce che la sola possibilità di essere felici sta nel ritirarsi dalla vita pubblica e dalle grandi ambizioni. Dopo un successo tardivo come rockstar, Richard rimane schifato dalla celebrità e ripiega sulla falegnameria. Joey abbandona una vita corrotta e un'amante bellissima per tornare alla moglie e a un modesto lavoro di commercio. Dopo la morte in un incidente stradale della sua amata segretaria, Walter si ritira pure lui, tornando a vivere con Patty in una mesta quanto misantropica quiete.

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