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Questo articolo è stato pubblicato il 15 aprile 2011 alle ore 16:11.

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Lino guanciale (Marcello Norberth)Lino guanciale (Marcello Norberth)

In tempi di ascese più o meno resistibili, ecco a proposito quella teatrale di Arturo Ui, il testo di Brecht scritto al termine dell’esilio finlandese nel 1941. Questa allegoria della scalata al potere di Hitler, ambientata a Chicago e modellata sulla carriera di Al Capone alla maniera del cinema americano, ci insegna l’infinita capacità di inganno della storia del passato prossimo e remoto.

In un’America travagliata dalla crisi economica la vicenda del gangster Ui e dei suoi accoliti dediti al racket per la conquista violenta del trust dei cavolfiori, è quella dell’intreccio politica-affari-delinquenza organizzata. Questi, ora alleandosi con le istituzioni, ora ricattandole, impongono la loro protezione ai commercianti in difficoltà usando ogni arma, inclusi terrorismo e delitto, allargando via via il loro spietato dominio. Era uno degli spettacoli più attesi della stagione teatrale.

E non ha deluso le aspettative. “La resistibile ascesa di Arturo Ui", del regista Claudio Longhi è uno spettacolo coralmente vigoroso, senza sbavature e appesantimenti, giocato come un musical da uno stuolo di attori eccellenti. Protagonista Umberto Orsini, con accanto il giovane Lino Guanciale, persuasivo e divertente amico del Fuhrer, che di Brecht è un appassionato cultore.

La scelta di questo testo da cosa nasce? Quale la sua attinenza tematica col nostro tempo?

Basta guardare al di là del Mediterraneo. Si vedono dittature, o “democrature”, che tramontano violentemente. Noi stessi ci chiediamo ogni giorno se il nostro modello democratico occidentale sia effettivamente portatore di quella libertà che auspicheremmo ci fosse per tutti. Questo testo ci pareva che mettesse in campo tali questioni e potesse fare sorgere domande utili a interrogarsi se davvero il modello sociale ed economico nel quale viviamo è il migliore di quelli possibili e, se pure lo fosse, se non ci siano delle storture da modificare.

L’altra motivazione era l’opportunità di lavorare con un attore di grande tradizione come Umberto Orsini.

Abbiamo scelto questo testo pensando che Orsini fosse perfetto, in virtù dell’età e del bagaglio di grande attore quale è, per raccontare, soprattutto nelle prime scene, il fatto che nell’ascesa di Hitler c’era la possibilità di resistere. Orsini stesso ha molto caricato il peso dei suoi anni lavorando su un certo disfacimento fisico, e sul fiorire quando poi l’ascesa è diventata sempre più irresistibile.

Nel testo Brecht fa dire la frase “Agire e non parlare”. Cosa può insegnarci ad agire?

I fascismi sono noti per il deprezzamento che fanno della parola, in luogo, invece, dell’azione. Detta da Brecht questa frase assume un significato diverso perché è pronunciata alla fine dello spettacolo, quando tutto è ormai più chiaro e quello che resta da fare è non continuare a parlare per cercare mediazioni, ma agire concretamente nella realtà per trasformarla. Gli strumenti intellettuali servono per capire dove intervenire, e non soltanto per contemplare.

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