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Questo articolo è stato pubblicato il 07 maggio 2011 alle ore 10:09.

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Mario Martone (LaPresse)Mario Martone (LaPresse)

di Emanuele Bigi
In un'edizione dedicata all'Unità d'Italia era quasi scontato che vincesse il maggior numero di David «Noi credevamo» di Mario Martone, un film che affronta proprio il Risorgimento e che mette in primo piano i volti di chi fece quell'impresa. «Se Garibaldi ha fatto l'Italia, Alberto Sordi, Visconti, Rossellini, Antonioni, tanto per citare qualche nome, hanno fatto gli italiani con la loro arte», afferma il conduttore Tullio Solenghi, che con queste parole ha aperto la cerimonia del 55° Premio David di Donatello, per poi lasciare spazio alle note dell'inno di Mameli. Martone, insieme a Giancarlo De Cataldo e Sandro Petraglia conquista anche la statuetta per la miglior sceneggiatura, oltre a quelle per i costumi, le scenografie, il trucco, la fotografia e le acconciature.
Daniele Luchetti riceve il premio per la miglior regia. Il suo «La nostra vita», dopo la partecipazione lo scorso anno al festival di Cannes, continua il cammino fortunato, insieme al suo interprete, Elio Germano, che ritira il David e lo dedica ai lavoratori del cinema. Un po' come fece sul palco di Cannes quando ritirò la Palma d'Oro. «In questo settore lavorano 250mila professionisti invisibili che vengono considerati assistiti e che invece contribuiscono a valorizzare l'Italia – afferma l'attore – vorremmo che il nostro contributo venga investito in ricerca e non in missioni di guerra».
C'è stato un altro momento di riflessione, quando il conduttore si è soffermato su un titolo del quotidiano «Il giornale»: «La benzina sarà più cara per pagare Moretti & C». Si riferisce al rincaro delle accise per sostenere il mondo dello spettacolo. «Si tratta solo dello 0,0071% che finanzierà la cultura – afferma Solenghi – quindi, camionisti, fate pure sonni tranquilli. E se qualcuno pensa che questi soldi siano sprecati, vorrei stilare un elenco alla Saviano dei motivi per cui non si può fare a meno del cinema». Inizia: «Per l'immagine dell'Italia nel mondo che è tornata a risplendere grazie ai «Soliti Ignoti» e a «L'armata Brancaleone» di Mario Monicelli». Ecco partire un lungo applauso che poi accompagna anche i nomi di Suso Cecchi D'Amico, Dino De Laurentiis, Raimondo Vianello e Sandra Mondaini («per le loro brevi incursioni nel cinema»), Scarpelli e De Bernardi, Luciano Emmer e la «folle, turbolenta e indimenticabile Elizabeth Taylor».
La commedia, insieme al Risorgimento, è stata l'altra protagonista di questa edizione degli Oscar italiani. Rocco Papaleo ha ottenuto, a sorpresa, tre premi per il suo divertente e riflessivo «Basilicata Coast To Coast»: miglior regista esordiente, migliori musiche (quando ha ricevuto la statuetta da Ennio Morricone si è inginocchiato) e miglior canzone originale. «Mentre dormi» di Max Gazzé risuona ancora nelle nostre teste. Paola Cortellesi con il personaggio di Alice nello spensierato «Nessuno mi può giudicare» di Massimiliano Bruno surclassa Alba Rohrwacher («La solitudine dei numeri primi»), Isabella Ragonese («La nostra vita») e Sarah Felberbaum («Il gioiellino»). Tra i non protagonisti spopola la commedia. I risultati al botteghino forse hanno contaminato i membri dell'Accademia del cinema italiano. Valentina Lodovini in «Benvenuti al Sud» e Giuseppe Battiston ne «La passione» di Carlo Mazzacurati incassano il David.

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