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Questo articolo è stato pubblicato il 10 maggio 2011 alle ore 17:38.

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Poker d'assi per NapoliPoker d'assi per Napoli

Immaginiamo, supponiamo. Saremo impegnati a Napoli, nei prossimi mesi e per metà del 2012. Sappiamo con certezza che si richiede la nostra presenza in quattro giorni diversi: possiamo sceglierli a nostro piacere, ma i giorni devono essere quattro e non più di quattro. Ci viene concesso un privilegio: possiamo assistere a quattro concerti della stagione sinfonica, e dobbiamo combinare la scelta dei quattro giorni anche in vista di tale concessione. Che fare? L'intera stagione napoletana è invitante, attraente (lo diciamo al di là dell'iniziale «immaginiamo, supponiamo»!), e scegliere presuppone inevitabili rimpianti. Ma una decisione s'impone. A dire il vero, quattro decisioni.

Se fossimo noi a scegliere? Luca Francesconi, nato a Milano nel 1956, è il protagonista della manifestazione d'apertura. Lo scorso 26 aprile ha colto un grande successo alla Scala, con l'opera Quartett su un libretto suo proprio tratto da Les liaisons dangereuses di Pierre-Ambroise-François Choderlos de Laclos. Musica intelligente, sceneggiatura abile ed efficace, bella regia di Alex Ollé. Dopo un colpo bene assestato, Francesconi presenta al San Carlo il lavoro inaugurale, Terra, su testo di Valeria Parrella: una novità assoluta che assume come tema e referente il 150° anniversario dell'Unità d'Italia. Per chi voglia utilizzare nel modo migliore le "quattro giornate" di Napoli, questa nuova invenzione musicale di un compositore palesemente pieno di energie e di fantasia è irrinunciabile. Terra sarà diretta il 1° ottobre 2011 dall'inglese Jonathan Webb, e l'esito, ancora imprevedibile, ci incuriosisce. Sappiamo che non sarà un eufemistico lavoro di circostanza: lo stesso Francesconi lascia intendere che è una partitura problematica, alla misura di un Paese controverso qual è l'Italia d'oggi. Noi crediamo che, oggi appunto, la parola "patria" possa imbarazzare un italiano, e soprattutto un italiano che, come noi vogliamo fare, sia deciso a difendere l'Italia contro l'imbarbarimento e il meticciato culturale, contro la frana nel pantano della pavida mediocrità. Forse la parola "terra", più immediatamente e saldamente condivisibile, è quella adatta a un titolo d'apertura, che vorremmo beneaugurale.

E ora guardiamoci intorno. Avvertiamo: le nostre predilezioni sono strettamente personali. Sentiamo l'urgenza di addentrarci di nuovo, e ripetutamente, in meditazioni sulla libertà e sulle forza dei principii di civiltà che non la politica e tanto meno l'economia e ancor meno le leggi, ma soltanto le arti e la filosofia, le scienze umane e logico-matematiche possono insegnarci. Nel linguaggio della musica e del teatro, un compositore italiano fra tutti dovrebbe essere il nostro maestro: Luigi Dallapiccola. Dell'immenso coraggio di quel fragile uomo, della sua geniale esattezza d'artista, dei suoi austeri incantamenti, possiamo ripetere l'esperienza grazie alla stagione del San Carlo, poiché il 27 gennaio 2012 ci attendono i suoi Canti di prigionia, insieme con quella aurea dichiarazione di metafisica cattolica unita a sensibilità tra giansenistica e ugonotta che è lo squisito Requiem di Gabriel Fauré. Entrambi i compositori sono sulla frontiera che attraversa l'anima: la sensibilità di Dallapiccola è in parte italianissima e dantesca, in parte ellenico-latina, ma anche goethiana e mitteleuropea, con lampi d'Oriente. Dallapiccola e Fauré, medicine per lo spirito.

Una pausa un po' lunga, e arriviamo al 10 giugno 2012. L'autore delle musiche è un nome risplendente e affascinante: Hector Berlioz, del quale una studiosa illustre, solitaria e silenziosa, Olga Visentini, ha donato nel 2010, agli italiani distratti, l'elegante, amplissima e labirintica biografia (finalmente!). Sì, è vero, Roberto Abbado dirigerà la Sinfonia fantastica: ascoltarla fa sempre bene alla circolazione del sangue, salvaguarda dall'ictus e dall'infarto e mantiene i denti sani. Ma nello stesso concerto si ascolterà il seducente melòlogo con orchestra, Lélio ou le retour à la vie, connesso anche sotto l'aspetto dei temi e motivi musicali ai fervori erotici della Fantastica, e trasfigurante un tentativo (poco convinto) di suicidio nel mare di Nizza. Meraviglioso in sé, Lélio avrà un valore aggiunto: il recitante sarà Toni Servillo, e a Servillo (ci ha detto il medico durante una visita specialistica) un italiano di sana e robusta costituzione non può rinunciare.

Infine, un nostro amore segreto, acuto, di cui non ci possiamo liberare. Domenica 1° aprile, pur odiando gli aeroporti e l'imbecillità dei "controlli", perderemmo la testa e prenderemmo un volo di fortuna, per ascoltare, dirette da Claudio Abbado e con la voce solistica del mezzosoprano Sara Mingardo, le musiche di Sergej Sergeevicv Prokof'ev (1891- 1953) per il film Aleksandr Nevskij (1938), opera discussa e agrodolce del regista Sergej Mihajlovicv Ejzenštejn (1898- 1948). Grandiose, com'è giusto, le forze in campo: l'Orchestra del San Carlo insieme con l'Orchestra Mozart, il Coro del teatro istruito da Salvatore Caputo, la proiezione integrale del film di Ejzenštejn a conclusione della serata. Due emozioni che si sommano: musiche fra le più incantevolmente russe (anzi, "russiche" nel senso dato da Musorgkij all'aggettivo, in una didascalia dei Quadri d'un'esposizione), un film fra gli indimenticabili nella storia del cinema. Va sottolineato il contrasto tra la monumentalità degli effetti visivi e la relativa "povertà" dei mezzi. La famosa scena della battaglia sul lago gelato fu girata con lastre artificiali di ghiaccio, e l'immortale sequenza in cui appaiono all'orizzonte i cavalieri teutoni con gli incredibili e infernali elmi fu realizzata con abili trucchi artigianali.

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