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Questo articolo è stato pubblicato il 15 maggio 2011 alle ore 14:57.

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Cina e India non crescono di solo Pil (Illustrazione di Sroop Sunar)Cina e India non crescono di solo Pil (Illustrazione di Sroop Sunar)

È possibile che sia proprio il sistema democratico indiano a ostacolare in qualche modo l'impiego dei benefici della crescita economica allo scopo di migliorare le condizioni sociali, come l'istruzione e l'assistenza sanitaria? Certo che no, come mostrerò subito. Vale la pena di ricordare che quando l'India aveva un tasso di crescita economica molto basso (fino agli anni Ottanta), si sentiva spesso ripetere che fosse proprio la democrazia a impedire la rapida crescita economica; era difficile convincere gli oppositori della democrazia di come la rapida crescita economica dipenda da un clima economico congeniale allo sviluppo e non da un severo controllo politico, e di come un sistema politico che tuteli i diritti democratici non debba per forza ostacolare la crescita economica. Quei dibattiti sono ormai terminati, non ultimo proprio a causa degli alti tassi di crescita economica raggiunti dalla democrazia indiana. La domanda che possiamo ora porci è: come dovremmo vedere il presunto conflitto fra la democrazia e l'uso dei frutti della crescita economica ai fini del progresso sociale?

Le conquiste di un sistema democratico dipendono in larga misura da quali condizioni sociali diventano questioni politiche. Alcune situazioni assumono subito rilevanza politica, come la calamità di una carestia (proprio per questo motivo, in una democrazia funzionante le carestie tendenzialmente non si verificano), mentre altri problemi – meno immediati e meno vistosi – costituiscono una sfida ben più dura. È molto più difficile usare le politiche democratiche per porre rimedio alla denutrizione diffusa ma non estrema, o al persistere delle diseguaglianze di genere, o all'assenza di un'assistenza medica regolare per tutti; in questi casi, il successo o il fallimento dipendono dall'ampiezza e dal vigore della pratica democratica. In anni recenti, la democrazia indiana ha fatto notevoli progressi nell'affrontare alcune di queste condizioni, come le disparità di genere, la mancanza di scuole e la denutrizione diffusa; le proteste pubbliche, le decisioni dei tribunali e il ricorso alla legge sul diritto di informazione, approvata da poco, hanno sortito effetti significativi. Tuttavia, la soluzione definitiva di questi problemi resta ancora lontana.
Per contro, in Cina il processo decisionale dipende in larga misura dalle scelte fatte dai vertici del Partito, con una scarsa pressione democratica da parte della base. I leader cinesi, nonostante il loro scetticismo sui valori della democrazia pluripartitica e della libertà politica e personale, sono seriamente impegnati sul fronte dello sradicamento della povertà, della denutrizione, dell'analfabetismo e dell'assenza di cure sanitarie, con una dedizione che ha contribuito moltissimo allo sviluppo della Cina. Un sistema di Governo autoritario, tuttavia, risente di una grave fragilità intrinseca, data dal fatto che se i leader cambiano i loro obiettivi o nascondono i loro fallimenti, non c'è molto che si possa fare per rimediare.

La realtà di questo pericolo emerse in forma catastrofica durante la carestia del 1959-1962, che uccise più di trenta milioni di persone. In quell'occasione, a differenza di quanto sarebbe successo in una democrazia funzionante, non ci furono pressioni pubbliche contro le politiche del regime; di conseguenza, gli errori proseguirono per tre anni mentre milioni di uomini morivano. Per fare un altro esempio, le riforme economiche del 1979 migliorarono di parecchio l'efficienza dell'agricoltura e dell'industria cinesi, ma al contempo il Governo decise anche di cancellare il diritto universale all'assistenza medica gratuita (che veniva spesso amministrata attraverso le comuni popolari); la maggior parte delle persone si ritrovarono così costrette a pagarsi un'assicurazione medica, cosa che ridusse in modo drastico la percentuale di popolazione con un'assistenza sanitaria garantita.
In una democrazia funzionante, sarebbe stato impossibile cancellare così facilmente e in fretta un diritto acquisito all'assistenza sociale. Questa scelta frenò l'aumento della longevità in Cina, con la conseguenza che, nei due decenni successivi, il vantaggio di quest'ultima rispetto all'India sul fronte dell'aspettativa di vita scese da quattordici anni di differenza a solo sette.

Alla fine, però, le autorità cinesi si sono rese conto di ciò che era andato perduto e, a partire dal 2004, hanno rapidamente iniziato a reintrodurre il diritto all'assistenza medica, di cui oggi godono una percentuale di persone molto più alta che non in India; di conseguenza, il divario fra le aspettative di vita ha ricominciato a crescere, assestandosi ora sui nove anni a favore della Cina.
Se il sistema politico democratico indiano sia di fatto in grado di porre rimedio alla questione dei servizi pubblici trascurati, come l'assistenza medica, è una delle domande più urgenti alle quali il Paese si trova a dover rispondere. Per una minoranza della popolazione indiana (che corrisponde comunque a un gran numero di persone), composta da gente relativamente privilegiata e senza bisogno di assistenza sociale, la crescita economica ha portato già da sola notevoli vantaggi. La limitata prosperità degli ultimi anni ha contribuito a sostenere una considerevole varietà di stili di vita, oltre a una serie di sviluppi – globalmente riconosciuti – nei campi della letteratura, della musica, del cinema, del teatro, della pittura, dell'arte culinaria e di altre attività culturali indiane.

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