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Questo articolo è stato pubblicato il 19 maggio 2011 alle ore 21:25.

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Lo psicodramma scatenato da Von Trier ruba la scena anche al grottesco Almodòvar di "La piel que abito"Lo psicodramma scatenato da Von Trier ruba la scena anche al grottesco Almodòvar di "La piel que abito"

Non è un caso che la parola escamotage si usi in tutte le lingue senza essere tradotta: i francesi sono dei maghi nel trovare la via d'uscita nelle situazioni imbarazzanti. Lo ha fatto anche la direzione del festival di Cannes con Lars von Trier, che davanti alla platea basita dei giornalisti aveva espresso simpatia e comprensione per Hitler e si era pronunciato nei confronti dello Stato di Israele in termini non certo lusinghieri. Il regista danese è stato bandito dalla rassegna, come persona non gradita, ma il suo film è rimasto in concorso; la direzione della kermesse ha preso così distanza da von Trier, senza però mettere in difficoltà la produzione che per Melancholia aveva speso una cifra considerevole. «Lars accetta tutto ciò che gli organizzatori vogliono fare per punirlo», ha detto Meta Foldager, uno dei produttori, mentre Thierry Fremaux, delegato generale della manifestazione, ha sottolineato di voler «sanzionare un uomo, non un'opera».

Un furto di scena mica da ridere per Pedro Almodòvar, che questa mattina ha presentato in concorso l'attesissimo La piel que abito, con il ritorno di Antonio Banderas come protagonista. La coppia Banderas-Almodòvar da Matador (1986), si era cementata negli anni con La legge del desiderio (1987), Donne sull'orlo di una crisi di nervi (1988) e Légami (1990). «Con Pedro sono tornato a casa» ha detto Banderas, mentre Almodòvar non ha dato certo segni di modestia. «Il mestiere di regista è quello che più si avvicina a Dio - ha spiegato il maestro spagnolo-. Possiamo dare corpo alla sua immaginazione e ai suoi fantasmi. È un potere enorme ed è ciò che mi piace: il ruolo di creatore. In più gli attori sono lì, al nostro servizio, per fare vivere questi fantasmi», ha concluso.

E di fantasmi ce ne sono anche troppi nella vita di Robert Ledgard (Banderas), chirurgo estetico di larghi mezzi, ma funestato da molti dolori. Figlio della domestica Marilia (Marisa Paredes), che mai rivela la propria maternità, è anche fratello, senza saperlo, di Zeca (Roberto ‘Alamo), anch'egli figlio della domestica e amante della moglie defunta di Robert. Compagna amatissima, quest'ultima, quasi carbonizzata in un incidente stradale, viene riportata in vita dalle cure amorose di Robert. La donna, nel vedere il corpo ustionato e deforme nel riflesso di un vetro, si butterà dalla finestra, stessa fine che farà la figlia Norma (Blanca Suàrez) pochi anni dopo, in seguito a uno stupro.

Da quel momento la vita di Robert è votata alla vendetta contro lo stupratore, Vincente (Jan Cornet). Una vendetta a colpi di bisturi, che produce la trasformazione in Vera (Elena Anaya), una donna nell'aspetto molto simile alla moglie. Tratto da un romanzo di Theirry Jonque dal titolo Tarantulà, il film ha strappato risate nelle scene più grottesche e rari applausi. Per quante letture psicanalitiche si possano dare alla pellicola, sembra che ci sia però troppa carne al fuoco, pur con la bella mano di Almòdovar.

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