Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 31 luglio 2011 alle ore 08:18.

My24
Mike MedovoyMike Medovoy

Un pezzo del produttore cinematografico Mike Medavoy è sicuramente passato nelle nostre vite senza che noi ce ne accorgessimo. Da par suo. Timidissimo e grande lavoratore, la sua determinazione è stata decisiva per più di trecento pellicole, alcune delle quali hanno reso grande Hollywood dalla fine degli anni Sessanta a oggi. Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975) di Milos Forman, Io e Annie (1977) di Woody Allen, Apocalypse Now (1979) di Francis Ford Coppola, Philadelphia (1993) di Jonathan Demme fino alle ultime due produzioni Shutter Island (2010) di Martin Scorsese e Il cigno nero (2010) di Darren Aronofsky. Il 9 agosto alla 64ª edizione del Festival del cinema di Locarno – dal 3 al 13 agosto nella cittadina svizzera – Medavoy riceverà il premio Raimondo Rezzonico per la capacità e il coraggio di sostenere gli artisti.

«Sono stato molto fortunato nella mia carriera», si schermisce Medavoy senza false modestie, quasi con una punta di realismo malinconico. «D'un tratto direttamente dagli schermi mi sono trovato a interagire con Marlon Brando o Gregory Peck per una serie di meravigliose, imprevedibili coincidenze». Medavoy, nato settant'anni fa a Shanghai da una famiglia ebrea russa, si laurea nel 1967 all'Ucla, ma entra a far parte dell'industria cinematografica già nel 1964 dalle porte dell'Universal di Los Angeles. Dall'ufficio spedizioni scala fino al ruolo di direttore del casting per poi diventare agente dei nuovi talenti del cinema americano, come Steven Spielberg, Terrence Malick, Monte Hellman e Brian De Palma. È conosciuto nell'ambiente come un visionario generoso e istintivo. «A volte pure troppo – racconta da Cap Ferrat, dove sta trascorrendo parte delle sue vacanze –. Mi è capitato di scoprire genialità in persone insospettabili e di rimanere deluso e ferito da autori in cui credevo. Ho capito che dagli errori si impara più che dai successi. Il primo film che girai con Sean Penn, Crackers (1984), di Louis Malle fu un flop, ma Sean ne uscì come un fuoriclasse».

Negli anni Settanta diventa vicepresidente della United Artist fino al 1978; da qui si imbarca nella fondazione della Orion Picture, passando poi ai vertici della TriStar Pictures fino al 1995, anno in cui assieme ad Arnie Messer avvia la Phoenix Pictures. La sua sembra la parabola del sogno americano, dell'uomo che dal nulla grazie a una disciplina stakanovista riesce a raggiungere il successo, come accade in molte pellicole che ha prodotto, una per tutte Rocky (1976) di John G. Avildsen. «È folle pensare che il sogno si avveri per tutti. Basta vedere gli americani che hanno perso il posto con la crisi: vorrebbero lavorare disperatamente ma non ne hanno la possibilità». Le altalene della finanza hanno avuto il loro effetto nefasto anche su Hollywood, che continua però a far lievitare i budget dei film. «Per Rocky spendemmo un milione e mezzo di dollari, ora si arriva a stanziamenti di trecento, quattrocento milioni. Non fa più per me. Ora mi sento libero. Sono sempre stato un impiegato, magari di lusso, ma rimanevo un dipendente. Oggi posso decidere di impegnarmi in progetti cui tengo davvero, non importa se poi mi farò male». Per questo ha acquistato i diritti della storia sui minatori cileni che l'anno scorso rimasero imprigionati nelle viscere del deserto di Atacama per 69 giorni. «È una vicenda incredibile di per sé, che mi permette di andare indietro nella mia esistenza, nel Paese dove ho trascorso l'adolescenza». Dopo i primi sei anni in Oriente la famiglia Medavoy, il cui padre era impiegato in una società petrolifera, visse infatti per dieci anni in Cile, terra a cui il produttore è molto attaccato.

A Locarno, oltre ad alcuni grandi successi prodotti da Medavoy, sarà proiettato un video della moglie Irena – da cui ha avuto il secondogenito Nicholas, dopo Brian, nato da una relazione precedente – per il suo settantesimo compleanno, celebrato a gennaio. Ci sono anche i saluti di attori e registi, che sono diventati amici. Sylvester Stallone ironizza sulla capacità di Medavoy di seguire centinaia di idee contemporaneamente, Woody Allen luciferino lo ringrazia solo perché gli ha fatto guadagnare dei soldi, Milos Forman gioca in russo sul suo cognome e Sean Penn gli dedica un lungo affettuoso abbraccio. «Conosco Sean da quando era piccolo. È l'artista a cui sono più legato, oltre al fatto che è un attore eccezionale, così come Leonardo DiCaprio, di cui mi impressiona l'intelligenza. Forse l'essere più incredibile con cui ho lavorato è stato Marlon Brando, sul piano artistico ed emotivo è l'individuo più interessante e complicato che abbia incontrato nella mia vita». La pellicola di cui però Medavoy è più fiero è Qualcuno volò sul nido del cuculo. «Ho lottato ferocemente per produrlo, ci ho messo dentro tutto il mio sentimento». Con centinaia di pellicole alle spalle c'è un film che avrebbe voluto produrre? «Nuovo cinema paradiso. Se Tornatore l'avesse proposto a me non ci avrei pensato un minuto».
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi