Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 06 agosto 2011 alle ore 19:48.

My24
Alieni, cowboy e rivoluzione: di tutto di più a LocarnoAlieni, cowboy e rivoluzione: di tutto di più a Locarno

Locarno a volte regala magie particolari. Nello stesso giorno puoi rimanere in Piazza Grande a vedere le rocambolesche e spettacolari scene di Cowboy vs Aliens, oppure chiuderti in una sala molto più piccola, ma anch'essa piena, per rivivere la rivoluzione egiziana di otto mesi fa nel film Tahrir (dal nome della piazza simbolo delle proteste del 25 gennaio ndr). Il potere di quello che il quotidiano francese Liberation ha chiamato «il più piccolo dei grandi festival» è saper tenere insieme mainstream e ricerca visiva e di contenuti, di cercare l'intrattenimento senza mai rinunciare all'esperimento, alla ricerca, alla ribellione politica e artistica.

Ve lo diciamo subito, l'unica cosa bella di Cowboy vs Aliens è stata il Forum che Harrison Ford (qui insignito del Pardo d'Onore) e compagni hanno regalato agli accreditati di Locarno, una chiacchierata pubblica con un'affluenza massiccia. Sul film, invece, non c'è molto da stare allegri: Jon Favreau sembra aver perso il tocco del primo Iron Man, quella felice unione in un sol uomo di ironia e spettacolarità. Non deve averlo aiutato molto l'improbabile graphic novel omonimo da cui è tratto, il pensare a una lotta più improbabile, in effetti, è difficile. E se l'ultimo assalto di cowboy e indiani contro gli alieni giustifica un minimo il resto del film, parliamo pur sempre di 20 minuti su due ore. Davvero pochino per giustificare lo sforzo e soprattutto le attese: Harrison Ford, Daniel Craig, Olivia Wilde (bella da star male, ma non basta) e Paul Dano sembravano, da soli, garanzia di successo.

E così preferiamo andare a raccontarvi Tahrir, film molto più piccolo che avremmo voluto vedere in Piazza. E non per spirito patriottico - il regista è l'italiano Stefano Savona - ma perché racconta la storia di Piazza Tahrir, luogo da cui ha preso vita la rivoluzione egiziana. Una rivoluzione senza padri ma con molti figli, che il regista ha cercato di capire e carpire. «L'Egitto mi è molto caro, dovevo andarci. Per comprendere quel movimento prima ancora che per fare un film. Per mostrare quello che la tv demonizzava oppure rendeva icona. Volevo vedere chi c'era in piazza». Savona riesce benissimo a farci cavalcare quell'onda di libertà, a farci sentire l'impeto politico, ingenuo ed entusiasta, di una generazione finalmente libera. Fuori da ogni schema.

«È difficile capire anche cosa è stato il motore di tutto, al di là, sicuramente, dell'esempio tunisino - dice Savona -. Alcuni mi raccontavano che molti scesero in piazza perché Mubarak tagliò le comunicazioni con i cellulari. Per capire dove erano finiti tutti, visto che non rispondevano, andarono in piazza. E si trovarono là. Non poche centinaia, come in passato, ma centinaia di migliaia». Una rivoluzione quasi inevitabile, «non potevano tornare indietro». Savona ci aveva già portato a Gaza, quasi in diretta, con Piombo Fuso. Ora con Il Cairo mette un altro tassello della sua storia alternativa raccontata a caldo. Un cineasta così, appassionato e talentuoso, serve in quest'epoca ancor di più. Così come un film come Tahrir.

Commenta la notizia

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi