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Questo articolo è stato pubblicato il 05 dicembre 2011 alle ore 17:12.

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Non si pensa mai abbastanza al fatto che molti incidenti sul lavoro e molti di quelli che accadono in casa o in ufficio dipendono, a ben guardare, da carenze nelle conoscenze di base in fisica, in chimica, anatomia ecc. ecc. ; che molti equivoci e difficoltà quotidiane nei rapporti sociali
dipendono da altrettante carenze di base in giurisprudenza, assetti istituzionali, disposti costituzionali e così via.
Domanda conseguente: l'attuale scuola media e superiore rende eguali i cittadini di fronte alla necessità di sapere, alla vita quotidiana, alle occasioni di lavoro e alla vita in generale? Non si può rispondere affermativamente e se una riforma si deve fare questo è il vero punto
d'attacco. Non è utile, infatti, rincorrere l'attuale ministro sulle sue proposte, finalizzate ad obiettivi che poco spartiscono con i bisogni del vivere; è più utile contrastarne le decisioni con un progetto
del tutto innovativo che rimetta in campo categorie fresche, adatte ad un rinnovamento della società. Si può pensare, ad esempio, ad un progetto che riarticoli gli otto anni delle scuole medie e superiori in modo da ottenere due risultati:
a. un ciclo quinquennale obbligatorio, che parifichi tutti i cittadini in termini di conoscenze di base: un percorso di preparazione alla vita;
b. un ciclo di specializzazione triennale che prepari varie uscite sul mercato dellavoro e/o sia una ragionata premessa alla scelta degli studi universitari. Gli esperti sapranno scegliere e dosare le materie idonee alla finalità generale.
La proposta parte anche dalla conoscenza dei risultati ottenuti con i cosiddetti diplomi di laurea, inopinatamente soppressi; parte da un assoluto rammarico per le scelte sostenute dalla sinistra in materia di corsi di laurea triennali e materie semestrali (combattuti da alcuni in tutti i
modi possibili!). La giusta preoccupazione di anticipare l'entrata dei giovani nel mercato del lavoro poteva non mortificare gli studi universitari, ma fermarsi alle scuole medie superiori adeguatamente
riordinate. Al proposito, sarebbe utile censire il numero degli studenti che si fermano alla laurea triennale, per capire quanto la speranza di anticipare il tempo del lavoro sia stata velleitaria. Come
sembra dicesse il noto Guerzoni, "ogni mamma italiana ha diritto ad un figlio laureato"; ma per laurea quella mamma non intende certo la triennale!
Se dopo i cinque anni di base si avesse un ciclo triennale con vari indirizzi specialistici, questi potrebbero tranquillamente aprire le porte al mondo del lavoro in una vasta serie di occupazioni di secondo livello, ma del tutto soddisfacenti, nei settori: giuridico, bibliotecario, museale, ospedaliero, della ricerca scientifica, ecc, ecc. D'altra parte, non è già così per i geometri e i ragionieri? Un successivo accesso all'università sarebbe più selettivo e molto facilitato dalle conoscenze acquisite; ridurrebbe quella necessità che oggi abbiamo di contrastare l'analfabetismo
che pesa sui primi anni accademici. Delineando un percorso formativo siffatto, forse riusciremmo anche ad eliminare l'idea devastante che un giovane e la sua famiglia possono prescindere da qualsiasi progetto di futuro, da ideali e responsabilità verso se stessi e la società, perchè tanto si può entrare in qualunque (o quasi) facoltà, cambiare idea in qualsiasi momento del percorso scolastico ed avanzare a tentoni, secondo
la convenienza contingente, tra debiti e crediti e altre invenzioni che mal si conciliano con il penoso stato organizzativo (e fisico) della scuola e delle università italiane.
Massimo Bilò

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