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Questo articolo è stato pubblicato il 12 dicembre 2011 alle ore 19:37.

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La caccia al Bosone di Higgs - alla cui conclusione si sono avvicinati ora i ricercatori del Cern di Ginevra con una serie di misure interessantissime - ha intrecciato la vita della comunità scientifica in modo molto peculiare a cavallo tra la fine del secolo scorso e il 2000. Quando cioè al Cern di Ginevra (di cui ero direttore generale, all'epoca) la prevista chiusura di Lep, la grande macchina acceleratrice, coincise con un segnale che alcuni interpretavano come una possibile rivelazione del bosone di Higgs.

Il dilemma era drammatico: chiudere Lep e lavorare sei, sette anni per avere la nuova macchina, Lhc, e sperare che gli americani di Fermilab non vedessero prima la "particella di Dio", o rovesciare il tavolo e puntare tutto su questa flebile pista? Vediamo le premesse di questo dilemma.
Le macchine acceleratrici moderne sono un pò come le navi oceaniche dei tempi eroici. Costruite con progetti e obiettivi ambiziosi, partivano con un equipaggi carichi di speranze e di aspettative e creavano intorno a se una comunità di esploratori, commercianti, marinai e avventurieri che partecipavano alle fortune e ai rovesci. Nella maggior parte dei casi, le macchine acceleratrici, proprio come le navi di un tempo se non venivano affondate prima, dopo uno o due decenni si avviano ad un normale declino, in qualche caso prolungato con miglioramenti ed aggiunte, finchè i clienti si assottigliano e vengono chiuse.

Il caso di Lep (il grande collisore elettroni-positroni del Cern) è stato diverso. Progettata negli anni '70 e costruita nel decennio successivo, era stato previsto sin dall'inizio che la macchina sarebbe stata rimpiazzata da un macchina a protoni nello stesso tunnel. La ragione era semplice: il tunnel di Lep, ventisette chilometri di circonferenza e un centinaio di metri di profondità, occupava ormai tutta la pianura di Gex, a cavallo tra Svizzera e Francia, stretta tra il Lago Lemano e la catena del Jurà (sì, proprio quello che dà il nome a Jurassic Park). Non c'erano estensioni possibili nè soluzioni alternative per esplorare al Cern le energie più grandi di quelle raggiunte con Lep, se non piazzare la macchina successiva nello stesso tunnel. Che infatti era stato realizzato più largo del necessario, abbastanza da contenere un futuro collisore a protoni con due anelli giustapposti, il Grande Collisore Adronico (il Large Hadron Collider della sigla) .

Quando Lhc fu approvato, nel 1995, per placare il nervosismo della comunità scientifica cresciuta intorno a Lep ed ai suoi successi scientifici, il mio predecessore alla direzione del Cern, l'inglese Chris Llewellyn Smith, fu persino costretto a recitare una pietosa bugia: si sarebbe messo Lep su degli scaffali a metà altezza nel tunnel, per permettergli di continuare a lavorare anche durante il funzionamento di Lhc. Lo sforzo titanico di costruire Lhc senza aumentare il bilancio del Cern, come chiedevano gli Stati Membri, significava nel migliore dei casi concentrarvi sopra, per un ventennio, tutte o quasi le risorse della fisica delle particelle in Europa, cresciuta fino ad allora piuttosto nello spirito dei Cento Fiori di Mao. Impresa difficile, un pò di propaganda non guastava.

Nel frattempo, Lep continuava a raccogliere record di precisione. Si riuscirono persino a misurare le dilatazioni della macchina sotto l'azione delle maree della luna, misurando l'energia dei fasci con precisioni mai raggiunte. Mancava però l'ultimo anello della catena: il bosone di Higgs.
Le misure di Lep e delle macchine americane Slc e Tevatron avevano fornito valori così precisi delle proprietà dei bosoni intermedi (masse e decadimenti) da mettere in evidenza piccole deviazioni dalle predizioni teoriche di prima approssimazione, che potevano essere spiegate solo con effetti legati alle fluttuazioni previste dalla meccanica quantistica.

Ogni particella, ad esempio lo Z0, può emettere e riassorbire particelle su tempi infinitesimi, in violazione della legge di conservazione dell'energia. Queste fluttuazioni cambiano le proprietà dello Z0. Misurandole, si può risalire alla massa delle particelle create e riassorbite nelle fluttuazioni. In questo modo era stata prevista la massa del quark top, poi scoperto nel 1994 a FermiLab, esattamente dove atteso. La delicata trama delle misure di Lep e delle altre macchine indicava una massa del bosone di Higgs tra 90 e 200 volte la massa del protone, con una sovrapposizione non disprezzabile con quanto si poteva fare con Lep, che era in grado di raggiungere fino a 110-120 volte la massa del protone. In questo modo, si arrivò alla fine del 1999. Il lavoro di scavo del tunnel che avrebbe portato i protoni nel tunnel di Lep erano ancora indietro e si decise, giustamente, di dare ancora un anno a Lep per vedere se si poteva mettere anche il bosone di Higgs nel carniere.

Nell'estate del 2000, la collaborazione Aleph registrò alcuni eventi che potevano essere interpretati come la produzione simultanea di due particelle: un bosone vettoriale più una seconda particelle, con massa circa 114 volte la massa del protone (ovvero 114 GeV), che si disintegrava subito in due getti di particelle leggere, contenenti ciascuno un quark beauty. Era proprio il tipo di evento atteso per il bosone di Higgs e la massa era anch'essa nella regione "giusta". Un brivido attraversò il Cern: era la volta buona?

Il problema era che gli eventi normali, prodotti dalle usuali interazioni, costituiscono un rumore di fondo che può dare luogo ad eventi con un aspetto del tutto simile agli eventi di Aleph. Solo l'accumularsi della statistica avrebbe potuto dire se quegli eventi serebbero cresciuti in numero, fino a formare un picco all'energia di 114 GeV, o erano solo una fluttuazione del rumore. Per questo, aspettammo pazientemente la fine di settembre (data prevista per la chiusura annuale di Lep) e poi prolungammo il funzionamento della macchina fino alla fine di ottobre. Anche per vedere se gli altri tre esperimenti, Delfi, L3 e Opal avrebbero osservato eventi analoghi.

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