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Questo articolo è stato pubblicato il 07 luglio 2012 alle ore 19:50.

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Il bosone scoperto controvogliaIl bosone scoperto controvoglia

L'annuncio, atteso, sofferto e molte volte rimandato, della rivelazione della particella di Higgs è infine stato dato mercoledì al Cern di Ginevra. I fisici nel mondo esultano; sulle prime pagine di tutti i giornali si parla della «particella di Dio». La visibile commozione di Peter Higgs, ottantenne, che aveva intuito quarant'anni fa della particella oggi chiamata con il suo nome, è una fotografia della vertigine della scienza.

Provo a offrire qualche considerazione e qualche parola di chiarificazione. Innanzitutto vorrei ripetere, come già scritto su queste pagine, che l'espressione «particella di Dio» è una detestabile invenzione giornalistica. Fa orrore a tutti i fisici, ma penso che dovrebbe fare orrore anche alle persone con senso religioso. L'origine dell'espressione è un libro che il fisico Leon Lederman voleva intitolare The God-dam Particle, cioè più o meno Maledetta particella, in riferimento alla sua elusività. L'editore, con fiuto commerciale ma pochissimo buon gusto, ha tolto il "dam" da "God-dam", lasciando The God Particle, la particella di Dio, titolo senza senso, ma che cattura il pubblico. Si chiama «particella di Higgs» e non è né più né meno figlia di Dio di tutte le altre particelle che costituiscono il mondo. Per favore, smettiamo di chiamarla con il nome di Dio.

Perché allora la sua rivelazione è importante? Perché chiude un cerchio. Un'avventura durata mezzo secolo, dove una nutrita schiera di scienziati ha portato alla luce una struttura profonda che regge la natura di tutta la materia di cui è fatto il mondo. Circa quarant'anni fa, per cercare di mettere ordine fra le particelle osservate, sono state gettate le basi della teoria oggi conosciuta con il poco entusiasmante nome "Modello Standard". Hanno contribuito non pochi scienziati italiani: Nicola Cabibbo, Luciano Maiani, Gianni Jona-Lasinio, Carlo Rubbia, Guido Altarelli e Giorgio Parisi, solo per nominare i più eminenti; e oggi la portavoce di uno dei due esperimenti che hanno rivelato la particella, Fabiola Gianotti, è italiana. Ma, come la maggior parte delle grandi imprese della scienza, il Modello Standard e il decennale sforzo per verificarlo sono il risultato di una collaborazione fortemente internazionale: il successo viene quando i paesi collaborano, e in questo la grande scienza è un modello da imitare.

Per orientare il lettore, il Modello Standard si situa all'interno del quadro concettuale della fisica moderna, costruito nei primi decenni del secolo scorso e formato dalla meccanica quantistica e dalla relatività speciale. Il Modello Standard descrive tutta la materia e tutte le forze eccetto la gravità. Quindi include (ed estende) l'elettrodinamica di Maxwell, ma non include la forza di gravità, descritta in passato dalla gravitazione universale di Newton, e oggi dalla relatività generale di Einstein. Ma il Modello Standard è una teoria strana. Non ha la luminosa semplicità delle grandi teorie, come appunto la gravitazione universale di Newton, l'elettrodinamica di Maxwell, o la relatività generale di Einstein: teorie la cui sterminata ricchezza si può riassumere, per ciascuna, in una semplice e breve equazione. È invece una teoria intricata, costruita pezzo per pezzo, mettendo insieme misure raffinate, indizi, idee brillanti, guizzi di fantasia, calcoli tecnici pesanti e faticosi, e strani argomenti involuti. Il risultato è una struttura matematica articolata, che molti continuano a giudicare troppo complessa e artificiosa per essere credibile: un patchwork di pezzetti aggiustati.

Un professore dell'Università di Bologna introduceva non molto tempo fa il corso sul Modello Standard dicendo agli studenti «quelli fra voi con genuino spirito da teorici troveranno questa teoria indigeribile». All'inizio, in effetti, nessuno aveva preso il Modello Standard del tutto sul serio. La varietà delle particelle osservate e delle loro reazioni veniva ridotta a un paio di forze che agiscono su una famigliola di una quindicina di particelle "elementari", il tutto organizzato da una raffinata e complicata struttura matematica. Ma sembrava un gioco a incastri troppo intricato per essere realistico: più un esercizio di stile che una scoperta della struttura del mondo. Invece, una dopo l'altra, con micidiale accuratezza, tutte le previsioni del Modello Standard si sono rivelate esatte.

A ogni passo, i fisici dicevano «ma guarda un po'», poi scuotevano la testa aspettandosi che comunque non sarebbe andata la bene la prossima volta. E invece inesorabilmente la sorpresa era sempre che non succedeva nulla di sorprendente rispetto alle previsioni del misconosciuto Modello. Le più spericolate acrobazie teoriche utilizzate per costruire quest'incastro sorprendente, si rivelavano colpire nel segno: particelle venivano scovate esattamente là dov'erano state previste, e le misure più accurate non facevano che confermare calcoli già fatti dai teorici. Restava un ultimo buco: la particella di Higgs. Ma era un buco maggiore, perché si trattava di un'ipotetica particella di un tipo diverso da tutte le altre osservate, e la sua giustificazione era molto indiretta.

Grossomodo, l'argomento di Peter Higgs e colleghi era stato questo: gli esperimenti indicano che fra le particelle agiscono forze a corto raggio, cioè forze che agiscono solo da molto vicino. Ma non si conoscono appropriate teorie per forze a corto raggio. L'idea di Higgs è stata d'immaginare che le forze fossero in realtà a lungo raggio, ma esistesse una particella che agisse da schermo, e, per così dire, mangiasse l'azione a lungo raggio. Un simile macchinoso ingranaggio avrebbe dovuto funzionare anche per la massa delle particelle elementari: osserviamo che hanno massa, ma riusciamo a scrivere teorie per rendere conto delle forze che le guidano solo per particelle senza massa.

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