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Questo articolo è stato pubblicato il 09 luglio 2012 alle ore 16:04.

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Una vecchia battuta dice che quando un governo si trova ad affrontare un problema spinoso e non sa che pesci pigliare, nomina una commissione (anzi, una Commissione, con la C maiuscola). Qualcosa del genere è avvenuto nei mesi scorsi quando, data la necessità di ridurre il deficit pubblico, si è deciso che bisognava risparmiare sulle spese pubbliche.

Come fare? Bisognava fare una spending review (una revisione della spesa), il che ha anche il vantaggio, rispetto a una semplice "Commissione", di avere un titolo inglese e quindi di apparire più seria.
Bisogna subito ammettere che la spesa pubblica, in generale, non ha buona stampa. Nessuno parla male della spesa privata; l'acquisto di pane, formaggio, motorini, telefonini e quel che volete.

Nessuno ne parla male perché, quando una compra qualcosa, la compra perché la vuole, perché gli è utile. Ma la spesa pubblica è qualcosa che non scegliamo noi: la scuola, la sanità, la difesa sono servizi che utilizziamo ma che non possiamo scegliere e, quando non corrispondono alle nostre aspettative, non c'è nulla che possiamo fare (se non votare per un altro governo alle prossime elezioni).

Della spesa pubblica abbiamo bisogno come del pane. Abbiamo bisogno di avere un'istruzione decente, abbiamo bisogno di cure mediche, abbiamo bisogno di buone strade, abbiamo bisogno dei semafori e della polizia… E in Italia abbiamo bisogno di spesa pubblica più che in altri Paesi. Perché? Per varie ragioni. Per esempio, in Francia, in Germania, in Belgio… costa meno fare le strade. Sono Paesi prevalentemente pianeggianti, si fa la massicciata e si tira dritto. Ma l'Italia è piena di colline e montagne.

Poi c'è il fatto che in Italia le differenze fra regioni ricche e regioni povere sono più forti che in altri Paesi. E, dato che fra i compiti di uno Stato moderno c'è anche quello di attenuare le diseguaglianze, questo "attenuamento" costa.

Terzo: lo sappiamo tutti, l'Italia ha un immenso patrimonio artistico e archeologico, più che negli altri Paesi. E bisogna spendere per mantenerlo intatto e valorizzarlo. Ci sono altre ragioni, non lusinghiere, che richiedono maggiore spesa pubblica: la piaga della criminalità organizzata, il dissesto idrogeologico, l'inquinamento…

Ci dovremmo aspettare, quindi, che in Italia le risorse dedicate a questa spesa (si usa come misura la percentuale del reddito del Paese – Pil – dedicata alla spesa pubblica) siano maggiori in Italia rispetto agli altri Paesi. È vero? Sì e no. Spieghiamo.

Se guardiamo al totale della spesa pubblica, è vero: in Italia questa percentuale l'anno scorso sfiorava la metà del Pil, più che la media dei Paesi dell'euro. Nella situazione italiana, però, bisogna distinguere. C'è anche una spesa che serve a pagare gli interessi sul debito pubblico. Questa è una spesa ereditata dal passato, dagli anni in cui si è formato quel debito. Se vogliamo confrontare la quota di spesa italiana con quella degli altri Paesi, per vedere se spendiamo troppo, dobbiamo togliere quella che viene dal passato e guardare a quella che si chiama spesa primaria. La spesa primaria si può tagliare, quella per interessi no, a meno di non pagarli ed essere dichiarati falliti.

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