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Questo articolo è stato pubblicato il 18 agosto 2012 alle ore 14:10.

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C'è qualcosa di profondamente ingiusto e crudele nello stilare classifiche. Ma è giusto utilizzare una stagione cinematograficamente asfittica come questa per recuperare grandi classici del cinema italiano. In dvd, in arene estive, ovunque vogliate. Fa male tener fuori da questo elenco geni come Bertolucci e capolavori come Il conformista e La commare secca, consideriamo fuori concorso geni assoluti come Vittorio De Sica e Roberto Rossellini che meriterebbero decaloghi a parte e che sono troppo "prevedibili" da cutare (ma considerateli, qui, ai primi posti). E così vale per almeno altri quattro o cinque cineasti straordinari della nostra storia. Abbiamo voluto fermarci- ed ecco perché non troverete capolavori come Diaz, il Divo e Gomorra- al secolo scorso. Convinti che li abbiate già visti. Ma se così non fosse, riparate all'errore. Qui troverete una sorta di percorso in un cinema che sa dirci molto del nostro sguardo al cinema e di noi come paese, un percorso artistico e civile, ma anche un racconto antropologico e politico.

Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970): Elio Petri è stato dimenticato a lungo, come tutti coloro che in Italia hanno provato ad aprire uno squarcio nella verità. Molti sgraneranno gli occhi sentendo che questo straordinario noir portó a casa l'Oscar per il miglior film straniero, meritatissimo. Quel dirigente di polizia spregiudicato, che si sente, appunto, al di sopra di tutto e tutti, ci dice dell'Italia e dei gangli dei poteri forti del nostro paese molto più di qualsiasi analisi storica, giornalistica, politica. A interpretarlo, Gian Maria Volonté: il più grande attore del nostro cinema. Anzi, un consiglio: recuperate tutti i film con questo interprete unico e potentissimo.

Uccellacci uccellini (1966): Pier Paolo Pasolini. Basterebbero queste diciassette lettere per convincervi a guardare questo film. Un capolavoro assoluto in cui il poeta, regista e scrittore tocca una delle tappe più importanti del suo processo di innovazione e rivoluzione della cultura italiana. Film poetico, con due straordinari talenti come Ninetto Davoli e soprattutto Totó (solo PPP poteva intuire le incredibili potenzialità del principe della risata in un ruolo opposto a quello che l'ha portato nell'immaginario comune), tra corvi "di sinistra", falchi e passeri, nella sua opera di evangelizzazione quasi beckettiana racconta tutto di noi. Prima che altri lo intuiscano, come sempre. Geniale, fin dai titoli di testa.

Le mani sulla città (1963): Francesco Rosi, Napoli, palazzinari e politica malata. L'autore dei grandi film sui misteri italiani, da Il caso Mattei a Salvatore Giuliano, qui compone la sua sinfonia più completa, ispirata, feroce. Un'analisi impietosa e una mise en scène straordinaria che affilata come un coltello, penetra dentro il ventre molle dei vizi di un'Italia qui raccontata mentre il boom economico nasconde quello che il cineasta ci mostra con coraggio e bravura. Senza Francesco Rosi, forse avremmo capito molto meno del nostro popolo, dei suoi difetti, delle sue contraddizioni.

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