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Questo articolo è stato pubblicato il 15 settembre 2012 alle ore 13:37.

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Siete musicisti emergenti? Almost Famous recensisce solo musica indipendente. Inviateci demo, Ep e album più o meno auto-prodotti all'indirizzo almostfamous.ilsole24ore@ gmail.com . Parleremo di chi ha tante idee e pochi soldi per realizzarle. Spietatamente.

Esistono artisti italiani che avrebbero più mercato all'estero, ma scelgono deliberatamente di vivere da clandestini in patria. Ne esistono altri che invece prendono armi e bagagli per cercare fortuna laddove si presuppone che i gusti del pubblico siano più vicini alla propria produzione. Non è detto che in questo modo uno riesca per forza a sfondare, ma almeno non corre il rischio di morire di solitudine.

Il cantautore (e blogger) Andrea Roncolini appartiene senza dubbio a questa seconda categoria: vive a Parigi, fa musica di gusto decisamente europeo, con testi in inglese. Anche il suo omonimo progetto folk pop va in questa direzione. L'ultima sua trovata però lo ricollega in un certo senso con l'Italia: si tratta del progetto In the Wrong Place, condiviso con il chitarrista romano Andrea Casali.

Primo punto d'approdo della loro ricerca è il recente Ep «Another Loser Blues», quattro tracce che esprimono bene chi sono, da dove vengono e dove vogliono andare questi due ragazzi. Il grado zero della loro musica è il blues. Elettrico e distorto. Riconoscibile anche nelle aperture più pop. Il resto lo fanno un ricorso massiccio all'elettronica e la capacità di ricreare atmosfere parecchio indie, degne della Nonesuch Records. Pronti, via: arriva «The Rat», con un riff da roadhouse, la drum-machine che incalza, un filo di voce a ruggire in stile James Hetfield, effettistica varia ed eventuale che riproduce suggestioni bayou. Cronaca di ordinario spaesamento: «Se io sono il topo,/ il gatto chi è?». La title track prende le mosse da una strofa che sa di nu-metal, per poi aprirsi nell'electro-pop del ritornello. Chi ascolta resta l'unico interlocutore: «Uh, can you hear/ this fucking losing blues?».

Davvero curioso l'esperimento di «Robot Song», terza traccia del loro lavoro: una ballad in cui la voce è filtrata da un effetto metallizzante che un po' ricorda quello dei Rockets. E che imprevedibilmente diventa acustica ed easy linstening al momento del ritornello. Morale della serie: il destino degli esseri umani non è molto diverso da quello di un robot che crede di essere libero ma è programmato per morire. A chiudere l'Ep c'è «In the Wrong Place», il pezzo da cui il duo prende il nome e probabilmente il migliore dell'intero disco. La traccia è aperta da un cantato che ti arriva in faccia come uno schiaffo. È l'inno di chi si ritrova nel proverbiale posto sbagliato al momento sbagliato. E in più deve corrispondere pure il – salatissimo – prezzo degli affetti. Avvolgente il riff di Casali imbottito di overdrive. Negli intermezzi elettronici riesci a sentire in lontananza echi dell'India, forse perché il tema di fondo resta cercare sé stessi, cercare la «casa» della propria «anima».

Un lavoro che, al di là della ricerca sui suoni, non perde mai di vista la necessità dell'immediatezza. Spunti interessanti non ne mancano, soprattutto quando nei brani cogli quel pizzico di Depeche Mode che non guasta, quella irriverente spruzzata di Black Keys, i divertissement alla Jon Spencer Blues Explosion. Lavorandoci su, potrebbero uscire cose ancora più interessanti tra un anno o due.

In the Wrong Place
«Another Loser Blues»

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