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Questo articolo è stato pubblicato il 09 ottobre 2012 alle ore 07:31.

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Il Ragazzo della via Gluck e la crescita
Tra una pausa e l'altra, arriva il momento del discorso intorno alla crescita: «Non si sente parlare di crescita, – commenta Celentano - tutti la invocano ma non dicono come fare. Personalmente credo che la crescita sia legata a un cambiamento da parte dell'uomo». Poi si perde nel discorso e va al bar allestito sul palco per rifocillarsi con l'immancabile bicchiere d'acqua. Un elicottero di floydiana memoria sorvola l'Arena, il portico della scenografia si apre e riecco Celentano che si fa portare una chitarra classica. È il momento de «Il ragazzo della via Gluck», con tutta l'Arena che canta sui suoi accordi e, in mezzo al pubblico, esulta la tribù dei sosia che, scimmiottandolo, si è inventata un mestiere. Entra l'orchestra e ad Adriano scappa una lacrima.

Fitoussi, io vorrei che tu Morandi ed io
Arriva il momento dell'economista Jean Paul Fitoussi, impegnato in una chiacchiera da osteria con Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo. Subito spara a zero: «In Europa non siamo più in un regime democratico, abbiamo un sistema che non risponde ai cittadini e abbiamo governi nazionali che non hanno più potere. Siamo in una dittatura. All'inizio credevo che eravamo in una dittatura benevola, adesso non lo credo più». Perché i governi «ubbidiscono a fiscal compact e al patto di stabilità ma non ai loro cittadini». Insomma, secondo Fitoussi «i popoli europei hanno perso il futuro». C'è una sola via, secondo l'economista francese: «Un governo europeo che risponda davanti a noi».

«Scende la pioggia», poi anche i fischi
Un attacco alla Germania che userebbe la crisi per fini egemonici sul resto dell'Unione europea. Si parla di egoismo, irrompe l'«ognuno pensa solo a sé stesso» dell'ospite Gianni Morandi che duetta con il Molleggiato sulle note di «Scende la pioggia». Morandi si aggrega al tavolo di economisti e giornalisti confondendo Rizzo con Stella. Ci si inerpica sui sentieri scoscesi della decrescita selettiva, il pubblico comincia ad annoiarsi ed arrivano i fischi. «Vogliono che canti», dice Morandi. «Sì, ma la bellezza ci salverà», prova a obiettare Celentano. Congedare l'allegra brigata di economisti e giornalisti è un attimo e così arriva il momento de «La Mezza Luna», brano che offre la seconda occasione di duetto tra questi due pezzi di storia della canzone italiana. Si va poi su «Ti penso e cambia il mondo», già eseguita insieme a Sanremo 2012. Ad Adriano va di improvvisare e allora rieccolo solo al centro del palco per un altro rock and roll di Little Richard: «Ready Teddy». Il pubblico è di nuovo dalla sua parte e Morandi, con arguzia, lo provoca: «Fosse per te parleresti ancora con Fitoussi piuttosto che cantare. Eppure sono 18 anni che non canti!». Celentano accetta la provocazione e così si va sul tango «Woman in love», prima dell'anglomaccheronica «Prisencolinensinaiciusol», brano che chiude il primo atto di questa due giorni di concerti all'Arena di Verona. Il Molleggiato nazionale saluta il pubblico, accerchiato dal popolo di figuranti in vesti apocalittiche. Di «Rock Economy» se ne riparlerà stasera. E il pubblico confida in ancora meno parole e ancora più canzoni.

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