Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 21 novembre 2012 alle ore 07:56.

My24
Illustrazione di Giacomo GambineriIllustrazione di Giacomo Gambineri

A piazza Aldo Moro?
Sì, piazza Aldo Moro, con Aldo Moro che era ancora vivo e non era ancora piazza Aldo Moro... stava lì a Scienze Politiche...

E con questa abbiamo detto tutto...
Però colazione-pranzo lì con Zeffirelli, Bolognini, Tosi...

Questa è proprio fantascienza, tutti che abitavano lì...
Dunque io prima son stato in questa casetta che è ancora tale e quale... un cinque piani da salire a piedi ma non ci si pensava, via Mario dei Fiori angolo via Frattina... Dopo sono andato invece a stare in via del Consolato che è l'ultima traversa di via Giulia davanti alla Chiesa dei Fiorentini e lì c'è Palazzo Malvezzi dove io stavo... Io avevo un appartamentino nelle scuderie e lì c'era un insieme che era abbastanza interessante perché all'ultimo piano ci stava prima gli Aldobrandini, poi ci son venuti a stare Audrey Hepburn e il marito Dotti... A metà scala c'era Milo Mendez il poeta brasiliano che era anche diplomatico... Poi erano ambienti diversi veramente... perché c'era l'ambiente della trattoria romana di via Frattina era appunto gente di teatro, la Asti, la Betti...

Ma non c'erano altre duecento persone che volevano entrare nel locale?
No...

C'era questa battuta di Vaime: Vaime da Rosati, a piazza del Popolo, con Flaiano, e Flaiano indica un po' di gente intorno e dice «Guarda, credono di essere noi!». Che fa molto ridere e la collego al discorso della fine della dolce vita…
Poi bisogna pensare anche – per le differenze di epoche e di costume – che quando si andava a teatro poi si andava a cena, quindi si andava a cena che era mezzanotte e mezza dopo di che si andava a via Veneto... Via Veneto si animava dopo l'una, l'una e mezza, erano orari che dicevamo spagnoli. Io mi svegliavo la mattina per andare in università.

Lei quando scriveva? Aveva due lavori.
Quando potevo.

Poi ha smesso la carriera diplomatica?
Ho smesso l'altra cosa perché era tutt'altra faccenda, perché se si pensa per esempio che a Londra oltre ad andare a teatro tutte le sere e a fare le interviste con i grandi maestri io facevo delle ricerche a Chatham House che era il cosiddetto Royal Institute of International Affairs, e io a Milano ero borsista cioè impiegato stipendiato all'Ispi, Istituto studi politica internazionale...

E Fellini come vide questa fine della dolce vita dopo il suo film? Qual era la sua...
Be', Fellini in realtà aveva fatto ricostruire via Veneto a Cinecittà allora, ed era tale e quale...

Lei la vide? La andò a vedere?
No, l'ho vista dopo, quando è uscito il film, perché un aiuto di Fellini, che era direttore di produzione, che era Guidarino Guidi, invitava spesso i protagonisti della dolce vita, cioè De Feo e gli altri... ad andare, a partecipare al giraggio de La dolce vita a Cinecittà. Naturalmente ci siamo sempre ben guardati dall'andare...

Perché sarebbe stata una caduta di stile?
Era sbagliato apparire.

Poi passiamo a parlare degli anni Sessanta.
Gli anni Sessanta hanno portato l'inizio del Gruppo 63... era una piattaforma generazionale di personaggi diversissimi... Eco, Sanguineti, Manganelli... allora si pensava di utilizzare il boom economico, che sembrava molto più solido e a lunga portata, per cercare di migliorare la qualità letteraria, elevare la qualità perché l'altra strada era approfittare del boom economico per produrre bestseller.

Approfittare dei soldi per fare progetti.
E allora i casi, le prospettive erano fondamentalmente queste due: usare il boom economico per produrre bestseller per il mercato, era quella che si chiamava "letteratura da aeroporti" allora, perché negli aeroporti si facevano le ore lunghe e c'erano i romanzi di Moravia in tutte le lingue... Allora l'altra ipotesi era non produrre bestseller ma, dal momento che avevamo tutti quanti uno status economico abbastanza normale, soddisfacente in qualche caso, allora cercare di elevare la qualità media della letteratura, che poi la qualità media della letteratura...

Concetto pericoloso.
Il Gruppo 63 è entrato in crisi col '68 perché di fronte all'ipotesi di usare le pubblicazioni del Gruppo 63 per pubblicare integralmente le risoluzioni delle assemblee extraparlamentari, allora si diceva «Se le pubblichino da sé»...

E chi stava dalla parte di pubblicare le risoluzioni?
Mah… Balestrini (1) e altri così... mentre Giuliani (2) e altri...

E Manganelli?
Manganelli ha sempre fatto letteratura...

(Breve parentesi in cui Arbasino invece di raccontare di tutto parla del suo libro più importante, Fratelli d'Italia, che esiste in tre versioni molto diverse fra loro, una del '63, una del '67, una del '91.)

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi