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Questo articolo è stato pubblicato il 13 marzo 2013 alle ore 08:10.

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Dallo spettacolo alla politica, o viceversa. Dopo Al Gore, oggi è un altro ex dell'Amministrazione Clinton, Robert Reich, a tentare la via del cinema. Reich, economista fra i più noti degli Stati Uniti e ministro del Lavoro nel 1994-1997, ha confezionato, assieme al regista Jacob Kornbluth, Inequality For All. Documentario presentato all'ultimo Sundance Festival, con l'obiettivo di risvegliare le coscienze su un tema ancora più pressante del riscaldamento globale: la crescente divaricazione della società americana.

Ben prima che Occupy Wall Street alzasse la sua bandiera pirata, Paul Krugman vaticinava per gli Stati Uniti un avvicinamento a «livelli di diseguaglianze da Terzo mondo». Previsione inquietante, suffragata dalle statistiche sulla distribuzione del reddito e da alcuni scorci sull'evoluzione del sistema produttivo. Gli Stati Uniti importano troppo ed esportano troppo poco, si stanno progressivamente de-industrializzando, a poche isole di capitale umano di elevata qualità e alta remunerazione corrisponde un mare di gente che perde il lavoro, incalzata dalla concorrenza straniera. La classe media starebbe per scomparire, arrotonda con le garage sale (dove di norma si trova chincaglieria niente male), la miseria è all'orizzonte.
Gli Usa restano, per inciso, la prima economia manifatturiera del mondo, producendo il 18,2% di tutti i prodotti manifatturati. La seconda, la Cina, ha attratto capitali ed esportato merci forte di un sistema istituzionale molto diverso, e salari notevolmente più bassi. Viene anche di qui la paura di una corsa al ribasso, che ha il suo simbolo nella vicenda della Foxconn. Dove le condizioni di lavoro sono talmente miserabili, che solo la complicità dello Stato cinese e l'intervento di cinquemila poliziotti ha sedato, nello scorso settembre, una rivolta in catena di montaggio.

La povertà è davvero alle porte? Fra il 1980 e il 2005, negli Stati Uniti il reddito mediano è cresciuto soltanto del 3%. Al contrario, i redditi dell'1% più ricco sono quasi quintuplicati. Più diseguaglianze per tutti, appunto.

Nel suo libro Unintended Consequences: Why Everything You've Been Told About the Economy Is Wrong, l'ex finanziere Edward Conard ha scomposto il reddito mediano per gruppi demografici. Nel medesimo arco di tempo, il reddito mediano dei maschi bianchi negli Stati Uniti è cresciuto del 15%, quello dei maschi non bianchi del 16%, quello delle donne bianche del 75% e quello delle donne non bianche del 62%.
Perché, se per ciascuno di questi gruppi demografici è aumentato, il reddito statunitense appare stagnante?

Nello stesso periodo (1980-2005) le fila della forza-lavoro sono state ingrossate da un forte afflusso di individui appartenenti a gruppi a basso reddito (donne e non bianchi). Ciò ha creato l'illusione che nessuno abbia fatto progressi, mentre in realtà tutti hanno migliorato le proprie condizioni.

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