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Questo articolo è stato pubblicato il 13 marzo 2013 alle ore 08:10.

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Gli Stati Uniti hanno vissuto una sorta di globalizzazione interna. Dal 1980 al 2005 sono stati creati 40 milioni di posti di lavoro che prima non c'erano, cioè un aumento del 40%, e questi nuovi posti di lavoro sono stati, per la prima volta nella storia, anche a disposizione di categorie di persone che una volta non potevano neanche sperare di ottenerli. Un aumento del 62% del reddito mediano delle donne non bianche significa un passaggio da 10.200 dollari l'anno nel 1980 a 16.500 dollari l'anno nel 2005 (sono valori al netto dell'inflazione).

Si dirà: non sono salari da capogiro. Ma sono molti più soldi di quanti non potessero sperare di guadagnare, quelle stesse persone, non duecento ma cinquant'anni fa. La crescita economica, da sola, ha già redistribuito risorse.

Prima del documentario di Reich e Kornbluth, vale la pena vedere un altro film: The Help. Ripensare a quello che era l'unico orizzonte di vita possibile per una donna di colore di Jackson, Mississippi, negli anni Sessanta, dà plasticamente prova di quanto siano cresciute le opportunità a disposizione di tutti.

Se ci interessa l'effettivo benessere materiale delle persone, non è detto che le statistiche sul reddito non siano davvero come un bikini: ciò che rivelano è suggestivo, ma ciò che nascondono è più importante. Il reddito, dopotutto, altro non è che l'indispensabile antefatto per il consumo.

Il benessere materiale delle persone è registrato dalla quantità di beni e servizi che un individuo consuma nel corso della sua vita, e nel valore che riconosce a quei servizi e a quei beni.

Gli studi che analizzano la diseguaglianza nei consumi tendono a fare una fotografia un po' diversa, di quella scattata dai Krugman e dai Reich.

Rispetto alla quota del reddito personale consumata, l'andamento pro capite nel quintile più povero della popolazione a partire dagli anni Ottanta ha seguito una progressione non troppo diversa da quella del quintile più ricco. La diseguaglianza, vista attraverso i consumi, pare essere rimasta abbastanza stabile dai tempi di Reagan a quelli di Obama.
Guardando i dati del censimento sui consumi energetici residenziali somministrato nel 2009, Kevin Hassett e Aparna Mathur dell'American Enterprise Institute hanno sostenuto che in termini di tenore di vita reale il gap fra poveri e abbienti non è andato aumentando. Nel 2009, il 65% delle famiglie americane con un reddito complessivo inferiore ai 20mila dollari possedeva almeno due televisioni, il 100% aveva un frigorifero, il 92% un forno a microonde, il 93% una lavatrice e il 31% una lavastoviglie.
Parranno cose banali, ma forse, parafrasando Karl Popper, la rivoluzione sociale più potente di sempre è davvero quella che è stata appicciata dall'aspirapolvere e dalla lavatrice. L'una cosa e l'altra hanno liberato il tempo delle classi lavoratrici, e segnatamente delle donne. E l'una cosa e l'altra sono una chiara dimostrazione dell'ansia più genuina di una società di mercato, nella quale le innovazioni si propagano a tutti i livelli, tramite un processo nel quale continuamente i prodotti si migliorano e i prezzi s'abbassano. Pensate alla capillare diffusione del telefono cellulare: trent'anni fa un accessorio per ricchi, oggi strumento essenziale per tutti, dal manager all'immigrato che lavora in cantiere. Tutti ora possono intrattenere conversazioni a lunga distanza praticamente con chiunque: un privilegio, cent'anni fa, precluso persino ai più potenti sovrani.

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