Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 02 maggio 2013 alle ore 13:28.

My24

Mentre negli anni '70 la donna diventa sempre più libera ed emancipata, in altri titoli l'uomo rimarrà ancora prigioniero del cosiddetto "codice d'onore": un valido esempio ci viene offerto da Giancarlo Giannini in «Mimì metallurgico ferito nell'onore» (1972) di Lina Wertmüller, dove un operaio infedele che si considera di aperte vedute, non riesce a perdonare il tradimento della moglie e, per vendicarsi, decide di sedurre la sgraziata consorte del rivale.

La fissazione di ottenere facilmente del denaro (senza lavorare, naturalmente) è l'altra grande tematica del genere: tra i tanti, «Febbre da cavallo» (1976) di Steno, in cui viene tratteggiato un mondo di folli sognatori che scommettono sulle corse dei cavalli per cambiare la propria vita e, regolarmente, ci rimettono.

Il cinema corale
Negli anni '70, la commedia si fa sempre più ricca di pellicole corali, dove sono protagonisti gruppetti di personaggi interpretati da alcuni dei nomi più importanti del nostro cinema.

Quattordici anni dopo il successo de «I mostri», Ugo Tognazzi e Vittorio Gassman si ritrovano (con l'aggiunta di Alberto Sordi ed Eros Pagni) ne «I nuovi mostri» (1977), film diviso in 14 episodi: 7 diretti da Ettore Scola, 5 da Dino Risi e 2 da Mario Monicelli. Rispetto alla pellicola precedente, la satira risulta sempre più amara e cinica (come nell'episodio «Senza parole» con Ornella Muti, solo raramente alternata con sequenze puramente comiche.

Monicelli qualche anno prima diresse un altro film corale di grande successo: «Amici miei» (1975), teatro delle "zingarate" di quattro inseparabili amici fiorentini interpretati da Ugo Tognazzi, Gastone Moschin, Duilio Del Prete e Philippe Noiret. Ideato da Pietro Germi (che non riuscì a dirigerlo perché scomparve pochi mesi prima dell'inizio delle riprese), «Amici miei» viene ricordato per le tante scene cult (in primis, gli schiaffi alla stazione e darà il via a una trilogia che proseguirà nel 1982 (il secondo atto, diretto sempre da Monicelli) e nel 1985 (l'atto terzo, per la regia di Nanni Loy).

Mentre Risi non riesce più a eguagliare gli ottimi esiti dei decenni precedenti, Ettore Scola realizza negli anni '70 prodotti di spicco come «C'eravamo tanto amati» (1974), commedia dai toni nostalgici con Vittorio Gassman e Nino Manfredi.

Luciano Salce
Regista tra i più sottovalutati della storia del nostro cinema, Luciano Salce è stato uno dei più grandi autori della commedia negli anni '70. Il suo nome richiama immediatamente quello del ragionier Fantozzi, protagonista di una saga durata dieci film, di cui Salce diresse i primi due capitoli: «Fantozzi» del 1975 e «Il secondo tragico Fantozzi» del 1976. Il personaggio, ideato e interpretato da Paolo Villaggio, è rimasto nell'immaginario popolare per la sua capacità di rappresentare, in maniera tragicomica, turbamenti e idiosincrasie dell'italiano del periodo. Fantozzi riesce sempre a far ridere, seppur a denti stretti, sia quando si trova a giocare a biliardo con il suo capo, sia quando dice la sua sul "cinema d'autore".

Altro titolo memorabile firmato Luciano Salce, è «L'anatra all'arancia» (1975), in cui Ugo Tognazzi e Monica Vitti vestono i panni di Livio e Lisa, una coppia in grave crisi. Deciso a riconquistare la moglie a tutti i costi, Livio adotta una tattica piuttosto sottile: invitare Lisa e il suo amante Jean-Claude per un weekend al mare. Ai tre si unisce Patty, la disinibita segretaria di Livio, interpretata da Barbara Bouchet. Tra balli in discoteca e "prelibatezze culinarie", il film, a modo suo, è un anticonvenzionale inno alla famiglia e alla vita coniugale.

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi