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Questo articolo è stato pubblicato il 16 maggio 2013 alle ore 18:18.

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A Cannes è il giorno di Sofia Coppola: a tre anni di distanza dalla conquista del Leone d'Oro alla Mostra di Venezia con «Somewhere», la regista americana presenta sulla Croisette la sua nuova opera, «The Bling Ring».

Ispirata a una storia vera, la pellicola racconta di un gruppo di adolescenti di Los Angeles che sono riusciti a rubare oltre tre milioni di dollari di beni dalle ville delle star hollywoodiane. Tra le loro illustri vittime figurano Orlando Bloom, Megan Fox e Paris Hilton.

Scelto come titolo d'apertura di Un Certain Regard (la principale sezione collaterale della kermesse), «The Bling Ring» conferma tutte le ossessioni che hanno caratterizzato il cinema dell'autrice nel corso degli anni: la superficialità dello show business e l'ipocrisia della città delle stelle in primis.

Piuttosto ridondante nel suo andamento narrativo, il film ha comunque un buon ritmo e riesce a sviluppare riflessioni importanti sull'universo dei teen-ager statunitensi, costretti a dover (almeno) sfiorare la celebrità per potersi sentire pienamente realizzati. In questo senso, può formare un curioso dittico con «Spring Breakers» di Harmony Korine (in concorso all'ultima Mostra di Venezia) sulla deriva criminale a cui può portare la cultura pop contemporanea.

Esattamente come in «Somewhere», si alternano sequenze particolarmente suggestive (soprattutto verso la conclusione) ad altre trascurabili e non necessarie.

Nel cast, Emma Watson (l'ex Hermione Granger della saga di «Harry Potter») non convince del tutto e perde il confronto con le poco note Katie Chang e Claire Julien.

Infine, da segnalare un breve cameo di Kirsten Dunst, alla sua terza collaborazione con Sofia Coppola dopo «Il giardino delle vergini suicide» (1999) e «Marie Antoinette» (2006).

All'interno della competizione principale ha invece trovato posto «Heli» del messicano Amat Escalante. Protagonista è Estela, una dodicenne innamorata di un giovane cadetto della polizia di cinque anni più grandi di lei. Quest'ultimo, coinvolto in un traffico di droga, chiederà aiuto alla famiglia della fidanzata.

L'intera trama è un pretesto per mostrare immagini di atroce violenza in grado di colpire e scandalizzare: il regista ha, dichiaratamente, voluto realizzare un prodotto di denuncia per descrivere il volto più oscuro del suo paese natale.

Se le intenzioni sono lodevoli, il risultato non è all'altezza delle aspettative a causa dei continui cambi di genere, dall'horror al dramma sociale, che rischiano di annoiare più che di scuotere lo spettatore.

Nonostante sia tecnicamente ben realizzato (soprattutto per quanto riguarda il montaggio e la fotografia), permane dal primo all'ultimo minuto la sensazione di un film troppo studiato a tavolino per riuscire a emozionare come avrebbe voluto.

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