Da «Satisfaction» a «Starfucker». Mick Jagger: 70 (anni) x 10 (canzoni)
Qualsiasi opera di un uomo, secondo il caustico intellettuale vittoriano Samuel Butler, è sempre un suo ritratto. Nel caso di Mick Jagger le canzoni parlano molto di più di una biografia pur ricca di imprese storiche e incontri epocali. Per festeggiarne il settantesimo compleanno, ripercorriamo le gesta del front man dei Rolling Stones attraverso dieci brani che hanno contribuito a costruirne il mito. Espliciti e senza compromessi, come piace a lui.
di Francesco Prisco
4. You can't always get what you want

Ballad acustica posta a chiusura di «Let it Bleed», prova estrema (a dispetto del titolo) di grandeur per il gruppo che, alla fine degli anni Sessanta, contendeva ai Beatles il primato di più grande rock band del pianeta. Il pezzo è introdotto infatti dal London Bach Choir, cui fa seguito un altrettanto classicheggiante intervento del corno francese. Non si direbbe sia stato concepito nell'improvvisato bar della Ball State University dell'Indiana, dove gli Stones si esibirono nel '68. La leggenda vuole che Mick chiese all'occasionale barman una cherry soda, ma il ragazzo rispose che non aveva a disposizione ciliegie per realizzare il drink. Di fronte alla proteste del cantante, il giovane sentenziò: «You can't always get what you want». Ne nacque uno dei brani più celebri del repertorio stonesiano, ricordato dai cinefili soprattutto come colonna sonora de «Il Grande Freddo» di Lawrence Kasdan.
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