Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 28 luglio 2013 alle ore 16:19.

My24
La fine di Benito (e poi del Duce)

«Allora lei, Senise, farà in modo di controllare il territorio sia a Ventotene sia a Ponza, così da stabilire sul momento il luogo più adatto. Adesso basta, abbiamo detto tutto, e io ho molto da fare».
Mercoledì 28 luglio 1943
Al Quirinale è una giornata pesante. Le notizie arrivano da tutta l'Italia. Il re è preoccupato. Discute con il suo aiutante, il generale Puntoni, i dispacci in arrivo.
«Puntoni, la situazione si aggrava ogni giorno di più. Le piazze sono ormai controllate dai socialisti e dai comunisti. Non esiste più la borghesia, sembra essersi allontanata dagli avvenimenti. Inoltre so che alcuni fascisti sono fuggiti dal territorio nazionale per incontrarsi con i tedeschi. Di sicuro tenteranno un intervento armato».
«Maestà, mi pare che per ora non ci siano stati grandi problemi. La situazione è sotto il controllo dell'autorità militare».
«Puntoni, lei deve fare in modo che io possa lasciare Roma».
L'aiutante si blocca.
«Deve organizzare un piano per la eventuale partenza. Non voglio fare la fine del re del Belgio. Non ho intenzione di diventare una marionetta in mano a Hitler. Voglio continuare a occuparmi del mio Paese in assoluta libertà».
Pietro Nenni, classe 1891, socialista, è probabilmente uno degli uomini più attivi del secolo ventesimo. È stato il direttore dell'«Avanti!», il segretario del Partito socialista, ha fatto la Grande Guerra, ha partecipato alla guerra in Spagna per salvare la Repubblica dai franchisti, è stato mandato in esilio in Francia da Mussolini, quindi ha continuato a fare propaganda antifascista dall'estero. Poi la Gestapo lo ha preso. Lo hanno passato agli italiani e lo hanno trasferito qui, al confino su questa bella isola lontana da tutto, dove il clima è dolce e il tempo non passa mai. Si chiama Ponza.
Come ogni mattina Nenni è affacciato alla finestra della sua casa di borgo Santa Maria. Vede una corvetta con la sigla C40, che lui erroneamente scambia per G40, fermarsi a duecento metri dalla costa. Prende il cannocchiale. Non è sicuro di credere ai propri occhi.
Benito Mussolini, l'uomo che lo ha mandato al confino, è ora al confino con lui a Ponza, nella casa dove è stato confinato il ras Immerù. Annota sul diario: «Scherzi del destino: trent'anni fa eravamo in carcere assieme per aver partecipato attivamente all'agitazione proletaria di Forlì contro l'impresa libica, legati da un'amicizia che pareva dover sfidare il tempo e le tempeste della vita, basata com'era sul comune disprezzo della società borghese e della monarchia. Oggi, eccoci entrambi confinati nella stessa isola: io per decisione sua, lui per decisione del re e delle camarille di corte, militari e finanziarie, che si sono servite di lui contro di noi e contro il popolo e che oggi di lui si disfano nella speranza di sopravvivere al crollo del fascismo».

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi