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Questo articolo è stato pubblicato il 24 ottobre 2013 alle ore 08:47.

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Intanto i nomi. La tenuta si chiama La Madeleine, e uno si aspetterebbe di veder spuntare dai filari qualche Guermantes, o almeno una marchesa di Villeparisis, o un Saint-Loup: e comunque sfarzo, lusso e voluttà. Il vino più importante della produzione si chiamerà Sfide – un cabernet in purezza di cui si faranno 3.000 bottiglie l'anno. Poi l'enologo prescelto, Riccardo Cotarella, presidente ma per estensione "Re" degli enologi italiani, secondo la vulgata, già consulente di Berlusconi e Clooney.

Insomma, da questa tenuta Madeleine di Massimo D'Alema ci si aspettano grandi cose. Messa su nel 2009, sono quindici ettari tra Narni e Otricoli, nel sud dell'Umbria, a un'ora e qualcosa da Roma. Non solo la collaborazione col Re degli enologi ma anche l'inserimento della Madeleine in un ambizioso Wine Research Team per fare vini naturali rivoluzionari d'alta gamma senza l'uso di solfiti. Al progetto aderiscono altre 25 tenute tra cui le araldiche Conte Leone de Castris e Domaine du Comte de Thun.

Alla Madeleine, si apprende, oltre al cabernet sono impiantati anche il merlot, il pinot nero e i sofisticati Marselan e Tennat. Del resto, studiando, si scopre che le grandi passioni dalemiane sono per i grandi cru francesi. Scrive Giuseppe Salvaggiulo ne Il peggiore, odiografia del lider maximo uscita qualche mese fa per Chiarelettere, che in un volo di Stato l'ex presidente del Consiglio mostrò a uno steward affascinato la sua perfetta conoscenza dei vitigni francesi, derivata dallo studio di ponderosi saggi. Inoltre, «negli anni Novanta, D'Alema impazziva per il Sauternes, una volta aveva conosciuto uno dei più grandi e autorevoli produttori, un barone, che gli regalò una bottiglia invecchiata vent'anni».

Passioni naturalmente strumentalizzate: accanto alla sua famosa barca Ikarus, qualche anno fa furono fotografate casse vuote di Moët&Chandon, con relative polemiche e addirittura un'apertura di prima pagina del Giornale: «Ma quanto champagne beve D'Alema?». E anche in questi giorni, commenti invidiosi sul fatto che l'esperienza georgica sia stata effettuata qui in Umbria e non nell'amata Puglia. Su Brindisi Report si fa dello spirito su «l'ex deputato di Gallipoli», chiedendosi se in futuro «nella cantina D'Alema ci sarà spazio anche per un Negramaro o un Primitivo» (Il Primitivo, a Manduria, lo produce invece Bruno Vespa, che condivide lo stesso enologo di D'Alema, e ha comprato una masseria, scegliendo, lui, la strada filologica e a chilometri zero). Ma lui non si preoccupa. «Faremo un rosso, anzi un grande rosso», ha detto col tono che ci piace ai microfoni di NarniOnline durante la festa dell'Unità del paese. E dunque ci si aspettano grandi cose da questo Château Mouton-D'Alema: tenimenti prestigiosi, un'antica magione, feudalità.

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