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Questo articolo è stato pubblicato il 21 novembre 2013 alle ore 14:03.

Pancia. Parlare con la pancia è affare da ventriloqui, ascoltare la pancia è invece uno dei segnali del beato rincoglionimento dei futuri papà («Lo senti? Scalcia!»). Pare però che certi politici sappiano parlare alla pancia del paese, e che questo sia un vantaggio ma anche, tutto sommato, una cosa piuttosto ignobile. Ora, tutto sta a svelare i sottintesi e le implicazioni dell'antropomorfismo. A occhio e croce, la pancia del paese dovrebbe trovarsi all'altezza del basso Lazio, ma si direbbe che non è questo che intendono. «B. è la pancia del paese che parla» (Beppe Severgnini); «Grillo (…) fa leva sulla pancia del paese» (Andrea Scanzi); «La pancia del paese guarda alla tasca» (questa, più barocca, è di Bruno Vespa). Ricreiamo, a partire da queste indicazioni, un modellino anatomico: c'è una testa del paese (le élite colte che votano secondo valori e princìpi), c'è un cuore fatto di militanti appassionati (che palpitano per quei medesimi valori e princìpi), e infine c'è la pancia. Luogo di umori guasti e di riflussi, di spiriti animali e di rancori atavici, di meschinità e di calcolo, di avidità e di pericolosi rigurgiti. Ne consegue che le elezioni non sono lo scontro tra diversi modi di usare la testa, ma tra una testa e una pancia; e, in subordine, che gli interessi sono una cosa turpe e non già la materia prima di una democrazia liberale. Due conclusioni indegne di una testa pensante, frutto di cattiva digestione.

Territorio. «Buongiorno, siamo una piccola realtà operante sul territorio». Ah sì? E chi non lo è? A rigore, anche il mio aspirapolvere, il mio alluce e il mio criceto (se ne avessi uno) ricadono nella categoria «piccole realtà operanti sul territorio». Tutto ciò che soggiace alla legge di gravitazione è una realtà operante sul territorio. Che cos'è, dunque, il territorio, negli usi non tautologici? Lo si può considerare l'equivalente verbale di una zavorra, una parola che serve cioè a fornire l'illusione di un ancoraggio per le iniziative più aleatorie e volatili. Territorio è un bell'esemplare di quelli che potremmo chiamare i lemmi del «falso radicamento», come rete (e popolo della), movimenti, piazze, moltitudini, generazioni. Sono enti di fantasia che servono a stabilire un legame di tipo magico con la realtà. Meno generici e qualunquisti di «gente», hanno però una funzione simile: danno a chi li pronuncia (e auspicabilmente anche a chi li ascolta) l'impressione di avere alle spalle qualcosa di più che sé stessi o i propri quattro gatti. Si disse che Stefano Rodotà era il presidente della Repubblica voluto dalla rete e dai movimenti. Poi venne fuori che poteva contare sui quattromila gatti delle Quirinarie. Lui, un po' vanesio, replicò che un sito a suo sostegno aveva ottenuto un milione di clic. Ma una zavorra non bisogna cercarla, bisogna al contrario liberarsene; tanto più che comincia per zeta e in qualche modo dobbiamo metter fine al glossario.

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