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Questo articolo è stato pubblicato il 25 novembre 2013 alle ore 08:18.

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Dopo aver assaggiato ogni singola cosa durante la preparazione, e aver gustato i piatti completati, sono tornata sino a Milano senza sentirmi stanca, indigesta, appesantita. E nemmeno sazia, quella detestabile sensazione che toglie ogni desiderio, ogni sogno di futuri assaggi, ogni proiezione di nuove esperienze culinarie. È bello rimanere con un rimpianto che è anche una promessa, un senso di occasione perduta per non aver assaggiato anche questo, e quello, e quell'altro ancora. È la differenza tra l'alta cucina e la gustosa cucina di un'eccellente trattoria. Ci vuole un nonnulla, un preparare con troppo anticipo e poi dover riscaldare, un aggiungere troppe spezie, un sovraccarico, per rendere sgradevoli i postumi di un'esperienza gastronomica. È il fascino dei petit riens della cucina, con le sue infinite declinazioni e possibilità. «Una volta Paul Bocuse mi ha detto: Nadia, ti spiego cos'è la cucina. Due amici, Asterix e Obelix, sono nel bosco durante un temporale. Un fulmine colpisce un cinghiale, arrostendolo. I due lo mangiano e alla fine del pasto dicono: Bravo il cuoco! Era nata la cucina». Cosa sono i Santini? L'evoluzione millenaria di quel fulmine.

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