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Questo articolo è stato pubblicato il 20 dicembre 2013 alle ore 07:03.

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Gli amici ti hanno seguita in streaming dal lavoro e sono entrati in un coinvolgimento da prima edizione del Grande Fratello. Il tifo è stato caldo, l'invidia inesistente: già, perché nessuno di loro si sarebbe mai sognato di partecipare allo Zecchino né l'avrebbe desiderato (be', io lo desideravo segretamente di brutto, ufficialmente l'ho fatto per caso, sono inciampata su un vecchio testo scritto sulla carta del formaggio e l'ho fatto musicare per sbaglio a un tizio fermato per strada). E va bene, un amico scettico c'è stato. Si è presentato al party alcolico che ho dato per la vittoria e ha provato a usare lo zecchino come sottopentola, aggiungendo che tanto era placcato, e al Compro oro avrei rimediato solo una figuraccia.

Una mamma della classe dei miei figli mi ha detto: non ho mai pensato che esistessero veramente, le persone che scrivevano quelle cose. Pensavo nascessero dal nulla. Così, dall'inconscio collettivo. Oh, ma è così, le ho risposto io facendo la gnorri, un giorno ti siedi per sbaglio sulla tastiera e ti esce la strofa di una canzone. Mio figlio, indicando il grosso soldo d'oro incastonato in un pesante vetro, mi ha chiesto: ma con quello ci potrei comprare proprio tutto tutto? La risposta è stata noooooo, ma la sensazione è stata: sì. Per evitare derive di onnipotenza autoriale, comincerò col non autografare le copie del cd. E cercherò di non ritrovarmi, fra cinque anni, a litigare dietro le quinte con la mamma di una solista che non l'ha messa a dieta, né tantomeno seduta al tavolo degli autori senior. Perché, ripensandoci, alla base di tutti quei 10 di sabato, potrebbe esserci proprio la cena al tavolo dei bambini: un po' come Don Draper quando, per ottenere un incarico prestigioso, è costretto a sorridere, a vestirsi bene e ad andare a ubriacarsi assieme ai clienti.

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