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Questo articolo è stato pubblicato il 12 febbraio 2014 alle ore 16:37.

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Il ritorno di Claudia Llosa al Festival di Berlino: vincitrice dell'Orso d'Oro nel 2009 con «Il canto di Paloma», la regista peruviana ha presentato in concorso la sua nuova pellicola, «Aloft», con protagonista Cillian Murphy.

L'attore interpreta Ivan, figlio di un'artista e guaritrice (Jennifer Connelly) che l'ha abbandonato in tenera età in seguito a un tragico incidente. Diversi anni dopo, l'arrivo di una giornalista (Mélanie Laurent) costringerà Ivan a ripensare alla sua infanzia.

Alternando con buon equilibrio il passato e il presente del suo protagonista, Claudia Llosa costruisce una sorta di dramma-thriller anticonvenzionale, contrassegnato da atmosfere sospese e rarefatte.

Pur essendo costretta a scendere a diversi compromessi con le logiche del mercato nordamericano, la regista dimostra nuovamente il suo talento in una pellicola imperfetta ma ben confezionata dal punto di vista formale. Qualche calo di tensione nella parte centrale viene messo in secondo piano dalla buona fotografia del canadese Nicolas Bolduc, noto per aver lavorato al pluripremiato «Rebelle» (2012) di Kim Nguyen.

Nel cast, una menzione di merito agli intensi Cillian Murphy e Jennifer Connelly, mentre Mélanie Laurent appare impalpabile e piuttosto spaesata.

Thriller decisamente più banale è «Black Coal, Thin Ice» del cinese Diao Yinan.
Inserito in concorso, il film si apre con la scoperta di alcuni cadaveri in un piccolo villaggio della Cina settentrionale. Il crimine rimarrà impunito fino a quando, cinque anni dopo, una nuova serie di misteriosi omicidi terrorizzerà la comunità locale.

Piuttosto scontato e prevedibile fin dalle prime battute, «Black Coal, Thin Ice» non riesce a regalare alcuna sorpresa nel corso dei circa 105 minuti di durata.

Il risultato è una pellicola del tutto trascurabile, girata in maniera scolastica e che sa troppo di già visto.

Nella competizione principale è stato proposto anche «Praia do futuro» del regista brasiliano Karim Aїnouz. Protagonista è Donato, un bagnino che lavora in una spiaggia brasiliana: intervenuto in aiuto di due turisti tedeschi in pericolo, riesce a salvarne solo uno, Konrad, mentre l'altro annega. Tra i due nascerà un'appassionata relazione che porterà Donato a trasferirsi a Berlino per vivere insieme al suo nuovo compagno.

Realizzato con una buona costruzione drammaturgica, il film, diviso in vari capitoli, ha validi spunti che rimangono però solo accennati e poco approfonditi dall'autore sudamericano.

Più che sviluppare una riflessione sul rapporto tra due uomini molto diversi tra loro, per carattere e provenienza geografica, Aїnouz si limita a mettere in scena quel senso di alienazione che trasmette una metropoli (post)moderna e multiculturale come Berlino. Un po' poco, soprattutto per un film inserito in concorso.

Infine, nella sezione Panorama è stato presentato «In grazia di Dio» di Edoardo Winspeare, il secondo film italiano in cartellone dopo «Felice chi è diverso» di Gianni Amelio. Ambientata in Salento, la pellicola è incentrata attorno a una famiglia che, a causa della crisi, si trova costretta a chiudere la propria impresa tessile per i troppi debiti e il rischio di bancarotta. Mentre l'unico fratello emigra in cerca di miglior fortuna, le due sorelle decidono di tornare dalla madre in campagna.

Se nella prima parte «In grazia di Dio» racconta una storia (credibile e quotidiana) di sofferenza e lotta contro l'attuale crisi economica, col passare dei minuti il film perde il focus del discorso, inserendo personaggi e situazioni decisamente ridondanti.

Winspeare ha talento, ma finisce per mettere troppa carne al fuoco e il suo lavoro risulta poco compiuto e ricco d'ingenuità narrative.

Una segnalazione positiva per l'attrice esordiente Celeste Casciaro che, nel ruolo di Adele, regge sulle proprie spalle buona parte della pellicola.

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