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Questo articolo è stato pubblicato il 18 febbraio 2014 alle ore 22:47.
L'ultima modifica è del 19 febbraio 2014 alle ore 18:23.

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Fabio Fazio e Laetitia Casta (LaPresse)Fabio Fazio e Laetitia Casta (LaPresse)

La cifra della televisione di Fabio Fazio, secondo gli studiosi del genere, consiste nel destrutturare il linguaggio della tradizione per poi ricomporlo, pezzo dopo pezzo, sino a realizzare un format a suo modo classico. Per una serie di circostanze fortuite, l'esordio di Sanremo 2014 è però andato ben oltre, con una partenza da incubo tra la presenza contestatrice di Beppe Grillo in platea, qualche piccolo problema tecnico e soprattutto l'irruzione dei due lavoratori del consorzio di bonifica di Napoli e Caserta che hanno minacciato di lanciarsi dal loggione del teatro Ariston.

La serata si apre all'insegna di un singolare presagio: il suggestivo sipario della scenografia, con sopra ritratto l'interno di un palazzo rinascimentale, non viene su. Arriva Fazio e commenta ironico: «Come inizio non c'è male: s'è bloccata». Quindi Mr. «Che Tempo che fa» si addentra nel monologo introduttivo sulla bellezza tradita, tema portante dell'edizione, cita la «sola grande opera» che darebbe un senso al Paese: «Aggiustare l'Italia», una «grande opera di riparazione e di cura che renderebbe» lo Stivale «meno fragile». Dall'alto della sala arrivano urla: tutti pensano a un exploit di Grillo, ma almeno stavolta non si tratta di lui. Protagonisti della protesta sono infatti due lavoratori del consorzio di bacino di Napoli e Caserta che minacciano di lanciarsi nel vuoto se il conduttore non leggerà la loro lettera di rivendicazione. Sembra il remake di quanto avvenne a Pippo Baudo a Sanremo '95, eppure Fazio dimostra grande mestiere: accetta di leggere il testo (lo farà poco più tardi) e così convince i due disperati a scendere dal parapetto. Di lì a poco saranno portati in questura per l'identificazione.

«Creuza de ma» secondo Ligabue
E così lo show torna sui binari pre-definiti dagli autori. Torna insomma il tema della bellezza: Fazio cita la data del 18 febbraio che è quella della nascita del grande Fabrizio De André. Scende in platea dove, seduta tra il pubblico, trova la di lui consorte Dori Ghezzi e introduce così Luciano Ligabue, primo ospite del Festival che esegue una suggestiva versione di «Creuza de ma» accompagnato al bouzouki dal direttore musicale di Sanremo e coautore del brano Mauro Pagani. Momento di grande intensità, tra i migliori della serata. E arrivano i repentini cambi di registro cui ci ha abituato la tv di Fazio: vedi l'entrata in scena in stile burlesque di Luciana Littizzetto, introdotta da uno stuolo di ballerine e damerini. Piume di struzzo, paillettes e un reggiseno a balconcino con Vincenzo Mollica affacciato sopra. Il tutto per recitare l'ironica e ormai tradizionale preghierina a San Remo.

La legge del secondo brano
Finalmente si entra nel vivo della gara, con i primi sette Campioni chiamati a eseguire le loro due proposte musicali e il mix televoto-sala stampa a determinare quale brano andrà in finale. Circostanza curiosa: quasi in tutti i casi passa il secondo pezzo interpretato. Per Arisa va avanti «Controvento», preferita alla melensa «Lentamente (il primo che passa)»; il rapper Frankie Hi Nrg porterà in finale le atmosfere reggae di «Pedala» a discapito di «Un uomo è vivo»; difficile scegliere tra le due ballate sofisticate di Antonella Ruggiero ma alla fine «Da lontano» supera «Quando balliamo». L'accoppiata insolita tra Raphael Gualazzi e The Bloody Beetroots potrà contare sul mash up tra r'n'b e dance di «Liberi o no», preferita al gospel «Tanto ci sei»; Cristiano De André concorrerà con la melodica «Il cielo è vuoto» che ha superato la ballad acustica «Invisibili»; Giusy Ferreri tornerà a eseguire «Ti porto a cena con me» che ha incontrato maggiore gradimento rispetto a «L'amore possiede il bene». L'unica eccezione alla «legge del secondo brano» è rappresentata dai Perturbazione: va avanti «L'unica», funky malizioso più votato de «L'Italia vista dal bar», meditazione semi-seria sulle sorti del Paese.

Doppia standing ovation per Cat Stevens
Doppia standing ovation per il ritorno in Italia di Yusuf Cat Stevens, leggendario folk singer britannico degli anni Settanta convertitosi all'Islam. Una vera e propria mini-performance, la sua, partita con «Peace Train», hit del periodo d'oro, proseguita con il medley tra la più recente «Maybe there's a world» e la beatlesiana «All you need is love», quindi il superclassico «Father and Son». Tra un pezzo e l'altro, il riferimento alla scelta di tornare a cantare («È stato mio figlio a riportarmi la chitarra in casa») e qualche accenno all'importanza della religione per la sua vita.

Duetto «esistenzialista» Fazio-Casta
Lungo e articolato il duetto tra Fazio e Laetitia Casta. Il conduttore «vestito da esistenzialista francese» le dedica «Ne me quitte pas» di Jacques Brel, dopo che i due si sono accomodati intorno a un tavolino guarnito da una rosa rossa. Lei ringrazia e intona «Meraviglioso». Fabio emozionato annuncia: «Un'altra, un'altra» e inizia a cantare «Le foglie morte» mentre sul palco entra anche Paolo Jannacci che lo accompagna alla fisarmonica. Laetitia esce e si ritrova sostituita dalla dissacrante Luciana Littizzetto che «smonta» Fabio: «È chiaro, inequivocabile che quella non te la dà». Poi il numero clou: Laetitia rientra preceduta da un gruppo di ballerini cantando «Ma ‘ndo vai se la banana non ce l'hai» e i due rievocano la celebre scena di «Polvere di stelle» con Monica Vitti e Alberto Sordi. Fabio risponde indossando un impermeabile e intonando «Silvano» come omaggio a Enzo Jannacci. Non è l'unico della serata, ma l'altro – quello al leader degli Skiantos Roberto Freak Antoni recentemente scomparso – dura appena una manciata di secondi.

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