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Questo articolo è stato pubblicato il 12 maggio 2010 alle ore 16:55.
L'ultima modifica è del 12 maggio 2010 alle ore 16:56.
Pil, crisi economica e mercato del lavoro. Lungo queste tre direttrici si è mosso il convegno organizzato dalla fondazione Farefuturo " Oltre il pil. I nuovi indicatori del benessere e la sostenibilità allo sviluppo."
Ad animare il dibattito ci ha pensato il presidente della Camera, Gianfranco Fini. Citando Bob Kennedy, che per primo denunciò i limiti del pil come indicatore della ricchezza di un Paese, ed elogiando il lavoro svolto dalla Commissione Fitoussi (voluta da Sarkozy) in tema di indicatori del benessere, Fini ha messo sul piatto i temi caldi nell'agenda economica del nostro Paese.
Anzitutto "il benessere reale" dei cittadini. Che non può essere misurato solo dal pil. Questo indicatore, pur rimanendo un parametro «indispensabile nella politica di bilancio e per tenere sotto controllo i conti» per Fini non basta. Perchè «un orientamento in senso puramente quantitativo dello sviluppo non indica l'effettivo tenore di vita delle persone». Di qui la necessità che «le politiche economiche nazionali pesino fattori come la percezione del futuro tra i giovani o la qualità dell'istruzione dei figli, la possibilità di accedere alla cultura e la soddisfazione professionale».
A dettare l'agenda economica ci ha pensato anche il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni. Indicando quella fiscale come la «riforma strutturale per eccellenza» Bonanni ha sottolineato come occorra spostare «il carico fiscale verso i consumi» riducendo la pressione «non solo su lavoratori e pensionati ma anche sulle imprese», che non devono essere penalizzate nel confronto con quelle del resto d'Europa. Parla invece di «mutazione genetica» nel modo di fare impresa, la presidente dei giovani industriali, Federica Guidi, secondo cui il problema non sono gli indicatori economici ma la loro interpretazione la chiave per puntare a uno sviluppo sostenibile. Di fronte ad un mondo in evoluzione per continuare a competere «i padigmi finora usati devono quindi essere ripensati». Per il vice segretario del Pd, Enrico Letta, infine, è impellente che l'Italia ripensi alla sua missione: vale a dire «rilanciare la creatività e le giovani generazioni».
Altro punto nodale, il mercato del lavoro. Per il presidente della Camera in Italia si è passati da un sistema troppo rigido a un eccesso di flessibilità. Mentre in Germania, a fronte di numerosi contratti a termine ci sono salari più alti, «da noi, ha detto Fini - la flessibilità è nel senso peggiore della precarietà, coniugata con salari standard». Per questo serve «un mercato del lavoro più flessibile ma che garantisca un futuro non condizionato da una sorta di permanente precarietà».