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Economia PMI

Imprese a corto di liquidità pagano sempre più in ritardo

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Questo articolo è stato pubblicato il 12 maggio 2010 alle ore 09:23.
L'ultima modifica è del 13 maggio 2010 alle ore 10:04.

Un poker di elementi caratterizza l'andamento dei ritardi nei pagamenti delle fatture: siamo agli ultimi posti europei, nel triennio appena passato la situazione è peggiorata, le Pmi si comportano meglio dei big e il Mezzogiorno è un'area più morosa rispetto alle altre aree italiane. Lo racconta Marco Preti, amministratore delegato di Cribis D&b, che domani in un convegno organizzato al Sole 24 Ore presenterà alla business community un rapporto internazionale su questo tema: «Nel 2009 l'Italia, pur continuando a posizionarsi nelle classi peggiori in termini di rispetto dei tempi di pagamento, ha accusato solo una lieve flessione mentre altri paesi del Mediterraneo, come Spagna e Portogallo, hanno accusato un deterioramento significativo nelle abitudini di pagamento medie. In particolare il Portogallo – spiega Preti – chiude la classifica dei paesi analizzati con solo il 50% di aziende virtuose».

Come si presenta la situazione in Italia? Vediamo i dati: nel 2009 le aziende italiane puntuali sono state il 43,7% del totale, con un calo del 5,9% rispetto all'anno precedente. Sempre in confronto con il 2008, il 26,6% delle imprese ha peggiorato i propri pagamenti: «Se analizziamo questa informazione rispetto ai dati 2007, quando le aziende puntuali erano oltre il 7% in più rispetto ad oggi, possiamo notare – conclude Preti – come l'impatto della congiuntura economica sia stato rilevante e di come, nonostante una maggiore attenzione ai temi del "cash-flow", non si sia ancora riusciti a riportare la situazione a livelli pre-crisi. L'analisi sui primi tre mesi del 2010 conferma il trend negativo perché oltre un quarto delle imprese italiane evidenzia un peggioramento nei comportamenti di pagamento. Inoltre sono confermate alcune dinamiche tipiche della realtà italiana, quali la migliore performance in termini di puntualità nei pagamenti delle piccole imprese rispetto alle grandi, anche per via del loro minor potere contrattuale e una maggior morosità del Mezzogiorno». Commenta Felice Rossini, presidente dell'Acimga (costruttori di macchine per la grafica e l'industria cartaria): «Stiamo affrontando un grave problema di liquidità. Non solo è sempre più difficile per le nostre aziende l'accesso al credito, visto la politica delle banche, ma si sta accentuando una crescente difficoltà ad incassare da parte dei nostri clienti a loro volta stretti da una crisi di liquidità che soffoca l'intera filiera produttiva. Questo fenomeno purtroppo non riguarda solo alcune regioni, ma ha un'estensione nazionale così come interessa tutte le imprese indipendentemente dalle loro dimensioni». Aggiunge Sandro Bonomi, il leader della meccanica varia rappresentata dall'Anima: «È vero che in Italia i tempi di pagamento sono in genere più lunghi che negli altri paesi. Purtroppo, questa "flessibilità" è una consuetudine tutta italiana». E Bonomi racconta, come aneddoto personale, che i suoi clienti tedeschi pagano a una settimana chiedendo un piccolo sconto, oppure a trenta giorni senza chiedere abbuoni ed essendo puntualissimi.

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Tags Correlati: Acimga | Confindustria | Cribis D | Felice Rossini | Imprese | Italia | Marco Preti | Portogallo | Pubblica Amministrazione | Sandro Bonomi

 

«In effetti - continua Bonomi – i tempi di pagamento sono diventati anche una leva concorrenziale. Nel senso che chi ha le spalle più robuste, a volte offre dilazioni nel saldo delle fatture per dare un contentino ai propri clienti».

Ma il nodo vero, denuncia il presidente dell'Anima, è un altro: «La vera spina nel fianco delle aziende, come ha più volte denunciato anche la Confindustria, è lo stock di debito nei confronti del mondo imprenditoriale accumulato dalla pubblica amministrazione, a cominciare dalla sanità per arrivare fino agli enti locali e, adesso, anche ai piccoli comuni».

Un tema ripreso da Rosario Messina, presidente di FederlegnoArredo, che aggiunge: «Il credit crunch c'è stato, eccome. Anche se, poi, le banche hanno aderito alla moratoria. Ma in realtà moltissime Pmi sono state costrette a "rientrare", spesso anche in seguito all'accorpamento dei piccoli istituti di credito che hanno ridotto gli affidamenti. Inoltre la crisi ha peggiorato la situazione perché, crollando le vendite e la liquidità, è mancato il volano del "giro" che mantiene in piedi la filiera».

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