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Questo articolo è stato pubblicato il 21 maggio 2010 alle ore 18:32.
L'ultima modifica è del 22 maggio 2010 alle ore 18:07.

La piattaforma politica del partito repubblicano non è propriamente creativa, ma gli esponenti del partito di tanto in tanto riescono a venir fuori con qualche trovata imprevista (di solito accolta da sconcerto). L'ultima mossa del partito dell'elefantino – arruolare parlamentari repubblicani per dichiarare pubblicamente la propria contrarietà a una partecipazione Usa al salvataggio della Grecia – è interessante per due aspetti: il primo è che gli Stati Uniti non sono impegnati nel salvataggio della Grecia; il secondo, e forse il più importante, è che nessun paese e nessuna organizzazione ci ha chiesto di farlo.


Come dice Ezra Klein del Washington Post, la tesi che l'America stia aiutando la Grecia è fondata su «un gioco di sponda». I repubblicani chiamano in causa l'appartenenza degli Stati Uniti al Fondo monetario internazionale, che ha accettato di mettere a disposizione fondi per coprire una parte del pacchetto di salvataggio.
Secondo i deputati Cathy McMorris Rodgers e Mike Pence, la quota del pacchetto di aiuti a carico degli Stati Uniti equivale a un salvataggio finanziato dagli Usa. Come loro e altri colleghi di partito hanno scritto in una lettera al segretario al Tesoro Timothy Geithner del 29 aprile, «probabilmente la Grecia non sarà l'ultima nazione importante dell'Unione Europea a richiedere l'assistenza del Fmi in un prossimo futuro. Le economie più importanti dell'Unione Europea si sono impegnate ad aiutare la Grecia, stabilendo un precedente per salvataggi di altri Paesi oberati dal debito. Quali sono i criteri per stabilire se gli Stati Uniti sono obbligati a prendere parte a questi sforzi di salvataggio?».

Guardando più attentamente, però, si scopre che il contributo degli Stati Uniti ammonterà più o meno al 17 per cento dei 39 miliardi di dollari stanziati dal Fmi in favore del paese ellenico: una frazione del totale e una frazione ancora più ridotta dei quasi mille miliardi di dollari messi in campo dell'Europa. (Senza considerare che il concetto di stati membri del Fmi che scelgono e selezionano quali programmi di aiuto sostenere è davvero una pessima idea.)
La cosa che colpisce, in quest'ultimo espediente repubblicano, è che la tesi è incentrata sulla fissazione (fin troppo comune in America, specialmente – anche se non solo – a destra) che tutti gli eventi mondiali riguardino gli Stati Uniti o addirittura abbiano al centro gli Stati Uniti.
È una concezione infondata che si è manifestata in particolare durante i mesi che hanno preceduto la guerra in Iraq del 2002, quando l'amministrazione Bush era sicura di poter convincere con l'intimidazione i membri non permanenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu a sostenere la guerra. Tutti, dal presidente Bush e dal vicepresidente Cheney fino agli alti consiglieri come Condoleezza Rice, apparentemente non avevano capito che molti di quei Paesi erano più attenti alla posizione dell'Unione Europea che a quella dell'America. Allora come oggi i membri non permanenti del Consiglio di sicurezza vedevano l'Europa come un mercato più importante, e una fonte di aiuti di gran lunga più importante, degli Stati Uniti.

L'amministrazione Bush apparentemente non è mai riuscita a capire che l'Europa nell'arena commerciale mondiale conta quanto noi. La squadra di Obama questo lo capisce meglio. Su certi argomenti sono disposti ad alzare la voce, ma facendo attenzione a restare nei limiti.
Mentre l'Europa si impegna per contenere la crisi, è normale che ci si preoccupi delle sue ripercussioni sull'America. Ma è importante che gli americani si ricordino fondamentalmente che questa situazione non riguarda noi e quello che noi vogliamo. Non tutto al mondo è di nostra competenza.

BACKSTORY/APPROFONDIMENTO
Nelle ultime settimane, i repubblicani si sono scagliati contro il contributo americano al prestito da 39 miliardi di dollari alla Grecia da parte del Fondo monetario internazionale. Il presidente del gruppo repubblicano alla Camera dei rappresentanti Michael Pence, deputato dell'Indiana, e Cathy McMorris Rodgers, deputata repubblicana dello Stato di Washington e vicepresidente del gruppo, hanno espresso le loro preoccupazioni in una lettera al segretario al Tesoro Timothy Geithner. Nella lettera affermano che il prestito del Fondo sarebbe il primo di una serie di prestiti a diversi paesi europei con problemi di debito pubblico, accumulato per effetto della cattiva gestione dei conti pubblici. «In un momento in cui l'America è alle prese con la situazione economica più grave degli ultimi trent'anni ed è oberata da un disavanzo di 1400 miliardi di dollari», scrivono, «è semplicemente ingiusto – in linea di principio – costringere i contribuenti americani a usare i loro soldi, guadagnati con grande fatica, per sostenere politiche fallimentari in nazioni relativamente ricche».
© 2010 NYT – distribuito da The NYT Syndicate

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