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Economia Politica economica

Idee di riforme a costo a zero, si parte della giustizia civile

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Questo articolo è stato pubblicato il 28 maggio 2010 alle ore 15:08.

«Riforme a costo zero». Può sembrare uno slogan, in tempi di nuova austerity, quando bisogna tagliare la spesa pubblica per sanare i conti senza strozzare la timida ripresa dell'economia e del sistema paese. Le possibilità non sono molte, ma qualche strada c'è.

«La prima riforma da fare è rendere efficiente la giustizia civile che oggi è sommersa da 6 milioni di cause che intasano i tribunali. Come? È molto semplice e non costa nulla: bisogna superare il sistema del 'contributo unificato' che rende irrisori i costi per avviare una causa ed è forse il motivo principale dell'enorme numero di cause civili pendenti» afferma Gabriel Cuonzo, partner e socio fondatore dello studio legale Trevisan & Cuonzo, esperto di diritto commerciale e proprietà intellettuale.

Specializzato in materia di diritto dei marchi e dei brevetti, della concorrenza sleale, lotta alla contraffazione e pirateria video-musicale, come molti suoi colleghi si scontra ogni giorno con i tempi lunghissimi della giustizia italiana. «È la prima cosa di cui tengono conto le aziende e le multinazionali quando decidono se vale la pena investire in un determinato paese. E per l'Italia - spiega - è la prima causa che le spinge a rinunciare. Le imprese anno bisogno di certezze e non avere una ragionevole stima sulla durata di eventuali contenziosi scoraggia chiunque, soprattutto che deve investire».

Il contributo unificato va da un minimo di 30 euro ad un massimo di 1.110 euro, con una suddivisione per fasce a seconda del valore della causa. «In pratica accade che, versato questo tributo all'inizio, nulla più è dovuto a prescindere dalla durata della causa» spiega Cuonzo. Inoltre esistono numerose esenzioni per tipologie di causa, dall'assegno per il mantenimento dei figli alle cause di divorzio, dall'interdizione alle esecuzioni forzate. «Non solo: per le grandi cause societarie - spiega Cuonzo - o di diritto industriale, il cui valore è indeterminabile - è previsto un contributo risibile di appena 340 euro».

Due sono le modifiche «a costo zero» che propone Cuonzo: «Raddoppiare o triplicare la soglia minima per le piccole controversie e aumentare anche di 10 volte il contributo unificato per le cause tra società che hanno valori di milioni di euro». Gli effetti positivi sarebbero almeno tre: «più risorse per la giustizia, meno cause per i giudici e un vantaggio competitivo per le imprese che renderebbe l'Italia più attraente per gli investitori esteri».

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Tags Correlati: Gabriel Cuonzo | Giustizia civile | Italia |

 

«L'unico vero ostacolo è l'eccessivo numero di avvocati in Italia, circa 200mila» ammette Cuonzo. «Ma alzare i costi del contenzioso - ritene - dopo un doloroso assestamento, porterebbe alla riduzione del numero degli avvocati e all'aumento del livello professionale e del loro reddito medio che oggi è uno dei più bassi della Ue».


Il decalogo dell'innovazione. Per Cuonzo, che ha tra i clienti molte multinazionali ma anche piccole realtà che registrano nuovi brevetti, «è fondamentale, anche per la crescita economica, creare le condizioni perchè chi ha buone idee innovative sia messo in grado di realizzarle e farle diventare occasione di business». Perciò in una sorta di «decalogo» per l'innovazione, Cuonzo indica anche altre idee, e insieme al Sole24ore.com, prova a lanciare il confronto con professionisti, imprese e lettori.

«L'esperienza sul fronte della proprietà intellettuale - spiega l'avvocato - mi porta a pensare che una mappatura della ricerca che si fa in Italia, può essere molto importante per portare alla luce gioielli nascosti e attrarre investitori e capitali. Parlo di ricerca orientata al business e non di ricerca pura. I costi sarebbero limitati e non sarebbe difficile trovare gli sponsor. Le banche d'investimento sono molto interessate».

Altra iniziativa possibile è quella di costituire un soggetto di consulenza centralizzato, con tutte le competenze necessarie, dal legale al venture capitalist e all'università, per offrire un punto di riferimento a tutte quelle realtà di cui il paese è ricco, che però non riescono a trasformare una buona idea in un'attività imprenditoriale. «Da questo punto di vista - teme cuonzo - il federalismo rischia di portarci nella direzione opposta, credo non sia compatibile con l'innovazione tecnologica».

Lo strumento fiscale. Una fiscalità favorevole per i 'portafogli intellettuali', infine, servirebbe incentivare la registrazione dei brevetti in Italia invece che all'estero, come avviene oggi. «In Gran Bretagna - spiega Cuonzo - per esempio c'è l'esenzione sul trasferimento dei brevetti da un soggetto all'altro». Ma questa misura avrebbe un costo! «È vero, ma va valutato alla luce della fuga delle royalties di registrazione».

Il dibattito è lanciato. Scrivete le vostre idee nel box dei commenti.

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