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Limiti alla CO2, i target più severi restano al palo

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Questo articolo è stato pubblicato il 27 maggio 2010 alle ore 08:06.


La soluzione 30% sembra allontanarsi. Ieri a Bruxelles i commissari europei hanno discusso la proposta (formalmente, la "comunicazione") elaborata dalla commissaria al Clima, la danese Connie Hedegaard. Proposta che vuole rendere più rigorosa la guerra contro l'anidride carbonica, il gas accusato di cambiare il clima globale, portando il taglio delle emissioni al 30% contro il 20% dell'obiettivo europeo per il 2020. La commissaria europea già in dicembre, durante il summit Onu di Copenaghen sul clima, aveva proposto di portare la riduzione della CO2 al 30%. Ieri la commissione europea ha deciso: il 30% è un obiettivo interessante, condivisibile, però ha senso solamente se si inquadra in un programma internazionale che coinvolge con un principio di reciprocità anche i paesi ad altissime emissioni, a cominciare da Cina e India. Non a caso il documento approvato dalla Ue riapre l'ipotesi di una carbon tax per i prodotti di importazione dai paesi poco attenti al clima. Altrimenti si rischia una sonora batosta economica, un'altra, per il sistema produttivo europeo.
Per la Legambiente, Greenpeace e per i produttori eolici europei dell'Ewea, un vincolo più forte alle emissioni è non solamente una salvaguardia ambientale ma anche uno stimolo importante allo sviluppo dell'economia e dell'innovazione tecnologica. Molto cauto è Standard&Poors. Il colosso del rating ha pubblicato ieri un'analisi secondo cui tagliare del 30% le emissioni europee di anidride carbonica è devastante sul fronte degli investimenti. In termini simili agli analisti si erano espressi anche gli industriali europei, tra i quali Emma Marcegaglia.
La conferma al programma del 20% viene dall'Italia (rappresentata dal vicepresidente della commissione, Antonio Tajani) e dalla Germania (il commissario all'energia, Günther Öttinger), insieme con la Slovacchia (il vicepresidente Maroš Šefcovic), la Polonia (il commissario al bilancio Janusz Lewandowski), Malta (il commissario ai consumatori John Dalli), la Romania (il commissario all'agricoltura Dacian Ciolos) e la Francia (il commissario al mercato interno Michel Barnier). José Barroso, presidente della commissione, già con il premier Silvio Berlusconi si era espresso in termini di cautela nei confronti del taglio aggiuntivo.

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Tags Correlati: Bruxelles | Connie Hedegaard | Emma Marcegaglia | Greenpeace | Günther Öttinger | Italia | José Barroso | Legambiente | Michel Barnier | Onu | Silvio Berlusconi | Tutela ambientale

 

Il no a un nuovo taglio delle emissioni nasce dallo studio presentato ieri mattina a Bruxelles. Si tratta di un'analisi costi-benefici per valutare se sussistono le condizioni per passare dall'attuale -20% al più impegnativo -30%. «Al momento queste condizioni non ci sono», spiega la commissione Ue.
Secondo lo studio, la riduzione delle emissioni dovuta alla crisi economica e il crollo dei prezzi dei permessi a emettere carbonio hanno mutato le stime di due anni fa. In altre parole: con la crisi non si possono affrontare spese aggiuntive. Lo studio europeo dice che i costi per raggiungere l'obiettivo del 20% per effetto della crisi sono scesi da 70 a 38 miliardi (0,32% del pil europeo) ma al tempo stesso il sistema economico non ha disponibilità di risorse per gli investimenti. Un obiettivo più severo del 30% costerebbe 81 miliardi.
«Si tratta di un testo positivo ed equilibrato – osserva Tajani – perché concilia la competitività industriale dell'Europa e riafferma la leadership dell'Ue nella lotta ai cambiamenti climatici. È positiva la conferma della necessità di un accordo internazionale per arrivare all'obiettivo del 30% di riduzione».
Inoltre, secondo il vicepresidente della commissione, il documento è un impegno contro la "delocalizzazione" dell'industria europea: «La carbon tax alle frontiere resta una delle opzioni giuridicamente possibili nel caso di passaggio al 30%».
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