Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 30 maggio 2010 alle ore 17:10.
GENOVA - Sburocratizzare e semplificare, snellendo anche la normativa sui superyacht, e favorire le aggregazioni in rete tra aziende nautiche per consentire, anche a quelle più piccole, di dedicarsi a ricerca e sviluppo. È il messaggio che Anton Francesco Albertoni, riconfermato venerdì presidente di Ucina, la Confindustria nautica, ha lanciato a Governo e imprenditori nel corso del convegno Ucina-Satec 2010, svoltosi ieri a Genova. Un meeting da cui è emerso che, nell'export, il settore italiano degli yacht con motore entrobordo ha avuto un tasso di crescita addirittura superiore a quello delle Ferrari, con buona pace della crisi globale, che pure ha colpito il comparto (con un calo complessivo dell'industria nautica del 30,5%).
«Noi non chiediamo soldi in un momento in cui capiamo bene che non ce ne sono - ha detto Albertoni - e comprendiamo gli sforzi che il Governo sta facendo per traghettare le industrie del nostro paese oltre questa situazione di crisi. Chiediamo soltanto provvedimenti tecnici che diano la possibilità alle nostre aziende di lavorare su obiettivi a medio e lungo termine. La normativa per i superyacht va snellita, abbiamo bisogno di sburocratizzare e di semplificare».
Albertoni ha insistito anche sul problema dei porti turistici: «Per sviluppare il comparto dell'auto sono servite le strade, infrastrutture sempre realizzate dallo Stato. Le nostre infrastrutture sono i porti turistici, che sono sempre stati costruiti solo da noi, con ingenti investimenti. Vogliamo continuare a realizzarli. Ma devono lasciarcelo fare, con leggi e concessioni demaniali adeguate». Albertoni ha poi commentato positivamente gli incentivi concessi alla nautica dal Governo («i soldi erano pochi ma il segnale politico importante») e ha auspicato che, dopo l'uscita di scena di Claudio Scajola, Berlusconi non tenga a lungo l'interim dello Sviluppo economico ma nomini, in tempi brevi, un nuovo ministro.
Durante il convegno è stato presentato da Marco Fortis uno studio dal titolo L'industria italiana della nautica da diporto oltre la crisi mondiale, realizzato da Fondazione Edison e università Cattolica. «Confrontando l'andamento (dal 1991 al 2009, ndr) degli yacht con motore entrobordo con il Ferrari index, benchmark per l'esportazione, vediamo che le barche vanno più veloci delle Ferrari». Dallo studio emerge anche come, con oltre 3 miliardi di dollari di valore, l'industria nautica italiana si confermi al primo posto nella classifica dei 20 paesi esportatori di yacht e barche da diporto, avendo contenuto nel 2009, nonostante la crisi, il calo del valore del proprio export a -15%; una flessione inferiore a quella dell'export nautico dei principali paesi concorrenti, ma anche a quella della maggior parte dei settori del made in Italy, che hanno accusato diminuzioni dei valori esportati superiori al 20-30%. Inoltre, il valore dei diversi comparti in cui si articola l'export della nautica italiana comprende (i dati si riferiscono al 2008) oltre 2,7 miliardi di dollari per quello dei grandi yacht (che ci pone in testa alla classifica dei primi 20 paesi esportatori), 55,8 milioni di dollari per le imbarcazioni pneumatiche (abbiamo il terzo posto nel mondo), oltre 130 milioni di dollari per le imbarcazioni a vela (sesto posto nel mondo).