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Questo articolo è stato pubblicato il 04 giugno 2010 alle ore 17:24.
Il business della criminalità ambientale non conosce crisi. Con un "fatturato" rimasto stabile nel 2009 a quota 20,5 miliardi di euro, nonostante la pesante congiuntura. E con i casi rilevati, dal ciclo del cemento a quello dei rifiuti, che aumentano al ritmo di 78 reati al giorno. A fare il punto sull'illegalità ambientale in Italia è il Rapporto Ecomafie 2010 di Legambiente. Il dossier, presentato oggi a Roma, è stato elaborato sulla base dei dati raccolti da tutte le Forze dell'ordine e di Polizia giudiziaria.
Un'attività di monitoraggio che ha ricevuto anche il sostegno del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che in una lettera all'associazione ambientalista ha giudicato il documento «un importante costributo per la conoscenza dei comportamenti criminali che compromettono il nostro patrimonio naturale», auspicando un'azione di contrasto all'ecomafia «sempre più incisiva».
Gli illeciti accertati sono saliti lo scorso anno a quota 28.576 contro i 25.776 del 2008, con un aumento del 43% degli arresti (da 221 a 316) e dell'11% dei sequestri effettuati (da 9.676 a 10.737). Una decisa impennata si è registrata nelle infrazioni nel ciclo dei rifuti (da 3.901 a 5.217), mentre restano sostanzialmente stabili le irregolarità nel ciclo del cemento (circa 7.500). Secondo il rapporto, inoltre, superano i 7,5 miliardi gli investimenti a rischio in opere pubbliche e gestione dei rifiuti urbani nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa. Al primo posto per le infrazioni accertate si conferma la Campania (col 17,1% del totale per oltre 4.800 casi), seguita dal Lazio (che passa dal quinto al secondo posto in un anno con una incidenza del 12,1%) e dalla Calabria (10,1 per cento).
«L'ecomafia minaccia il futuro del Paese – ha detto il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza – sottraendo risorse preziose all'economia legale e condannandolo all'arretratezza». Una situazione che trova conferma anche nelle stime Cresme consulting (il Centro ricerche economiche, sociologiche e di mercato per l'edilizia e il territorio) che registrano, a dispetto del forte calo delle abitazioni ultimate nel settore legale (da 316mila a 280mila), una dimuzione di sole mille unità per quelle abusive.