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Beni culturali esclusi dal passaggio ai comuni

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Questo articolo è stato pubblicato il 07 giugno 2010 alle ore 08:09.

Guido A. Inzaghi
La tutela prestata dal codice Urbani (Dlgs 42/2004) ai beni statali con più di 50 anni incrina l'operatività dell'intero processo di trasferimento del federalismo demaniale. L'affermazione è giustificata dall'articolo 5 del decreto legislativo approvato dal governo il 21 maggio e in attesa di pubblicazione sulla «Gazzetta Ufficiale», secondo cui «sono in ogni caso esclusi dal trasferimento i beni appartenenti al patrimonio culturale, salvo quanto previsto dalla normativa vigente e dal comma 7 del presente articolo».
Per capire il perché, bisogna definire i confini del «patrimonio culturale». Anzitutto ne fanno parte i beni cosiddetti vincolati, dei quali con provvedimento puntuale sia stato riconosciuto – oggi ai sensi dell'articolo 13 del Dlgs 42/2004 – l'interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico. Ma l'articolo 12, comma 1, del codice Urbani tutela come beni culturali anche quelli – e questo è il punto più delicato – appartenenti allo Stato che siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre cinquant'anni fa. Il che parrebbe significare che anche questi immobili (la maggioranza dei fabbricati trasferibili) sono esclusi dal trasferimento agli enti locali, proprio come avviene per i beni espressamente vincolati.
Se è vero che la culturalità dei beni ultracinquantennali è presupposta solo fino a quando il procedimento di verifica disciplinato al comma 2 dello stesso articolo 12 non abbia riconosciuto l'assenza di interesse culturale (ovvero abbia definitivamente disposto la tutela del bene apponendo il vincolo), è altrettanto vero che l'iter della verifica è complicato e dall'esito incerto: infatti, in questa procedura, è assegnato alle soprintendenze locali solo un generico termine di 120 giorni per concludere il procedimento, alla scadenza del quale la legge non connette alcuna conseguenza pratica, con il risultato che il bene continua a presumersi di interesse culturale. Di conseguenza, non è affatto scontato che, nei sei mesi a disposizione dello stato per inserire gli immobili negli elenchi dei beni da attribuire agli enti locali, il presupposto di interesse culturale dei beni ultracinquantennali sia superato rendendone così possibile l'inserimento nell'ordinario circuito federale.

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L'ostacolo all'attuazione del federalismo demaniale è sicuramente rilevante e non pare che la salvezza delle previsioni di cui al «comma 7» dell'articolo 5 del decreto legislativo in attesa di pubblicazione possa semplificare le cose. La disposizione richiamata (erroneamente indicata come comma 7 ma, invero, rappresentata dal comma 5 del Dlgs che denuncia sul punto un evidente refuso) prevede infatti che «in sede di prima applicazione (...) entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo» i beni culturali possano essere trasferiti solo «nell'ambito di specifici accordi di valorizzazione e dei conseguenti programmi e piani strategici di sviluppo culturale (...) definiti ai sensi e con i contenuti di cui all'articolo 112, comma 4, del codice dei beni culturali». Si tratta quindi di una previsione che rimette l'individuazione dei beni culturali che possono essere trasferiti alla conclusione di un procedimento molto complesso (ben più articolato di quello "elencazione statale + scelta locale" su cui si basa il modello del federalismo demaniale).
In conclusione: il trasferimento dei beni statali vincolati e, con essi di quelli aventi più di 50 anni, è sempre soggetto alla preventiva approvazione di specifici accordi di valorizzazione e dei conseguenti programmi e piani strategici di sviluppo culturale – accordi da cui restano esclusi i soli beni per i quali il procedimento di verifica abbia accertato l'assenza dell'interesse culturale.
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