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Questo articolo è stato pubblicato il 15 giugno 2010 alle ore 14:40.
«È necessario iniettare nel sistema dosi massicce di concorrenza». Catricalà cala quasi nell'incipit della relazione la sua ricetta per ridare ossigeno all'economia dopo la stretta introdotta dalla manovra finanziaria, ma anche per evitare che a pagare il prezzo dell'immobilismo e dell'inefficienza siano sempre i cittadini sui quali gravano «costi più alti della media europea». Eppure in quella frase, che sembra ovvia nella sua semplicità, è racchiuso anche il disincanto con cui il presidente dell'Antitrust guarda alla prospettiva che i suoi richiami e auspici vengano tradotti in pratica.
Emerge chiaro quando il presidente punta l'indice sugli intrecci azionari e personali tra imprese concorrenti che soffocano la concorrenza nel settore finanziario. «Tutti i nostri appelli a una legislazione di principi sulla governance bancaria sono rimasti inascoltati», chiosa. E ancora: c'è lo strumento della legge annuale sulla concorrenza, sulla quale Catricalà aveva contato molto per riuscire ad aprire sottori come quello postale, delle ferrovie, delle concessioni autostradali e aeroportuali, dei carburanti e delle banche, in cui ancora ci sono sacche di rendita per la protezione dei singoli mercati. Il termine per l'approvazione del progetto di legge da parte del Governo, dice, «è scaduto ma il disegno governativo non è stato ancora presentato».
E ancora: c'è il gioco delle tre carte sulla commissione del massimo scoperto, abolita per legge ma sostituita dalle banche con altri oneri «legali ma ancora più gravosi». Ci sono poi l'apertura del mercato del gas e le liberalizzazione dei servizi locali, la cui recente riforma «ha punti di forza» nell'introduzione dell'obbligo delle gare, ma al contempo anche di «debolezza» per la facilità con cui possono insinuarsi le deroghe. Nel discorso non ci sono appelli, critiche, ma solo un'analisi equilibrata di quanto fatto con i poteri a disposizione. È un bilancio in vista di un nuovo incarico? Il presidente sembra non volersi chiudere alcuna prospettiva. E forse quell'apertura alla riforma dell'articolo 41 della Costituzione per liberalizzare l'attività di impresa, cara al ministro per l'Economia Tremonti, potrebbe essere letta anche in questa chiave.