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Questo articolo è stato pubblicato il 16 giugno 2010 alle ore 22:17.
Liberalizzare i servizi pubblici locali per aiutare il Paese a risalire la china. A partire dall'acqua, dove «c'è bisogno di un radicale cambiamento di approccio». La richiesta di aprire a una gestione «realmente concorrenziale» dei servizi idrici è della presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, nel corso del convegno «Acqua pubblica, gestione industriale», che si è svolto a Roma, a viale dell'Astronomia.
«La liberalizzazione dei servizi pubblici locali è una priorità di Confindustria - ha spiegato Marcegaglia - liberalizzare, ridurre la regolamentazione, regolare i mercati e la concorrenza sono le vere riforme strutturali che potrebbero facilitare la ripresa economica dell'Italia». E per quanto riguarda la gestione del servizio idrico, ha sottolineato Marcegaglia, «non deve essere mestiere esclusivo degli enti locali, ma delle imprese, scelte secondo le regole del mercato e operanti con logiche industriali».
Del resto, «nessuno vuol privatizzare l'acqua», ha ribadito il ministro per Politiche europee, Andrea Ronchi, padre del provvedimento che ha aperto la strada alla partecipazione privata nella gestione idrica. Ronchi ha dichiarato di rispettare il referendum abrogativo del suo decreto, ma ha tenuto a precisare come l'Italia «detenga l'orribile primato della maggiore dispersione di questo bene prezioso (37%) , con un costo per la collettività di oltre 2,5 miliardi». Noi, quindi, ha aggiunto il ministro, «non dobbiamo privatizzare l'acqua, ma difenderne una gestione a garanzia di tutti i cittadini».
Concetto confermato anche dal vicepresidente di Confindustria per le infrastrutture, logistica e mobilità, Cesare Trevisani, che ha ricordato, inoltre, come l'efficienza dei servizi pubblici locali rappresenti ormai «un vero e proprio indicatore di modernità e benessere di una società». Secondo, invece, il direttore generale di Confindustria, Giampaolo Galli, «il 34% della popolazione non dispone ancora di servizi integrati. Siamo ben lontani dalla media europea» e la rete idrica «appare complessivamente non idonea a sostenere la crescente domanda di servizi da parte della collettività, tenuto conto che la crescita dei consumi futuri si stima intorno al 4,4% entro il 2020». (Cl. T.).