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Economia Politica economica

L'Abi boccia l'ipotesi di una tassa Ue sulle banche

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Questo articolo è stato pubblicato il 18 giugno 2010 alle ore 19:49.

L'Abi pronuncia un no secco contro l'ipotesi di una tassa sulle banche lanciata da Bruxelles. E chiede al governo di difendere le specificità del sistema italiano. «Le banche italiane, su cui già pesa una pressione fiscale effettiva del 44%, fra le più elevate in Europa - spiega l'associazione in una nota - sono contrarie all`introduzione di nuove imposte indipendentemente dalla loro finalità». Stamane anche l'amministratore delegato di Unicredit, Alessandro Profumo, aveva seccamente bocciato la possibilità di nuove imposte sugli istituti di credito. Come la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia.

«Il sistema bancario italiano - prosegue la nota Abi - ha retto meglio degli altri ai colpi delle turbolenze dei mercati, come hanno riconosciuto più volte anche esponenti delle Autorità italiane e internazionali, senza pesare sul bilancio pubblico in termini di aiuti per far fronte alle difficoltà». Secondo l'associazione, poi, «per rafforzare la stabilità dei mercati finanziari, intervenire sulle criticità che hanno generato la crisi. Gli interventi sul settore finanziario debbono essere distinti da quelli necessari per il finanziamento dei deficit pubblici, soprattutto in quei Paesi, come l'Italia, in cui le banche hanno sostenuto l'economia e non hanno assorbito risorse pubbliche».

La difesa dell'Abi è tutta incentrata sulla specificità del sistema italiano. «Le nostre banche - rimarca l'associazione - hanno un modello di business legato al finanziamento dell'economia reale, a differenza di quelle di altre aree che si sono dedicate soprattutto alla finanza. Da questo modello deriva il forte incremento delle sofferenze, che hanno raggiunto 64 miliardi di euro pari al 3,53% del totale degli impieghi con un incremento di circa il 50% rispetto allo scorso anno. Il costo del rischio sui crediti è aumentato da circa 9 miliardi, dato del 2007 anno prima della crisi, a quasi 21 miliardi nel 2009». Dunque non è possibile gravare il sistema con nuove imposte che, chiariscono ancora gli istituti, «peserebbero ulteriormente sulle banche e sull'economia tutta. Il nuovo prelievo ridurrebbe le risorse del sistema che ha garantito supporto a imprese e famiglie anche con le iniziative dell' "avviso comune" e della sospensione dei mutui dei nuclei familiari in particolari situazioni di difficoltà. Dunque una nuova tassa potrebbe avere effetti sulla capacità di finanziamento all'economia reale»

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L'Abi lancia infine un appello all'esecutivo. «L'auspicio è che il nostro governo rappresenti e difenda le specifiche caratteristiche delle banche italiane in tutte le sedi europee e internazionali, cercando di far affermare a livello comunitario queste caratteristiche che hanno permesso al settore bancario del nostro Paese di reggere l'impatto della crisi,dando un contributo essenziale alla stabilità del paese». (Ce. Do.)

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