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Questo articolo è stato pubblicato il 18 giugno 2010 alle ore 20:41.
Chi paventa un double-dip per l'economia globale è troppo pessimista. Vista la gravità di quanto è successo durante la fase acuta della crisi - la situazione attuale è molto meno critica di quanto avrebbe potuto essere. Questa lunga crisi non è ancora finita, si sta evolvendo e siamo passati dalla crisi della finanza privata americana a quella della finanza pubblica europea o meglio occidentale. È normale che dopo un terremoto di tale magnitudo ci siano un periodo di scosse di assestamento anche di una certa entità. Dopo aver guardato nell'abisso i mercati sono particolarmente nervosi e sensibili, pronti ad esibire improvvisi picchi di volatilità.
I policymakers in America e in Europa hanno fatto alcuni passi necessari in termini di politiche monetarie e fiscali per evitare il meltdown. È chiaro che c'è un prezzo da pagare per uscire dalla grande recessione e che questa ci lascia una eredità pesante in termini dei bilanci delle banche e del debito pubblico. Ci porteremo dietro questa zavorra per anni ed assisteremo nei mercati ad una maggiore alternanza tra alti e bassi di quanto abbiamo visto in passato, con forti variazioni nella propensione al rischio da parte degli investitori.
Ma tutto questo non puo' offuscare il fatto che le politiche di rigore fiscale siano una medicina amara ma necessaria ed inevitabile. Non ci sono a mio avviso nel lungo periodo alternative possibili. Convivere con un debito pubblico come quello accumulato dai paesi occidentali non è salutare ed è giusto affrontare il problema in tempi brevi. Ci saranno inevitabili critiche sull'entità e sulla tempistica dei tagli nei disavanzi e sul loro impatto sulla crescita. Le critiche rivolte da alcuni economisti alla Germania secondo loro rea di aver contenuto i salari, aumentato la produttività ed aver rafforzato la penetrazione nei mercati esteri appaiono discutibili: sarebbe piuttosto il caso che altri paesi seguissero lo stesso esempio. Ed è probabile che l'Europa paghi la sua disciplina in termini di minore crescita del PIL ma tra qualche anno raccoglierà i frutti dell'avere i conti in ordine.
La ripresa economica negli Stati Uniti appare ormai sempre più visibile. Il sistema finanziario statunitense, pur indebolito, è meglio capitalizzato, ha ridotto la sua dipendenza dai finanziamenti a breve e ha fatto chiarezza sui maggiori dubbi riguardo i propri attivi. La FED ha mostrato la sua prontezza ad agire con decisione e tempestività. Resta l'incertezza regolamentare ma quando questa si chiarirà non ci saranno scossoni tali da mettere il sistema a rischio. Certo ci vorrà tempo per riportare la disoccupazione a livelli fisiologici e chiudere l'output gap, ma gli indicatori restano in media piuttosto positivi. La questione è cosa avverrà in termini di inflazione, non nel breve, ma nel tempo data l'entita' del debito esterno.