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Questo articolo è stato pubblicato il 18 giugno 2010 alle ore 08:05.
MILANO
«Non nascondo che è stato complesso arrivare ad aprire questo tavolo tra Telecom Italia e gli operatori alternativi. Ma qui si parla della rete di nuova generazione, di un'infrastruttura portante per le famiglie e le imprese italiane, quindi come Governo avevamo l'obbligo di compiere ogni sforzo sulla strada della mediazione».
È soddisfatto il viceministro allo Sviluppo economico, Paolo Romani, nel giorno in cui ha incassato un doppio risultato: da un lato il sì ufficiale di Franco Bernabè a sedersi il 24 giugno intorno a un tavolo con Vodafone, Wind, Fastweb e Tiscali, per parlare del progetto di next generation network, la nuova autostrada digitale che costituirà l'internet del futuro. Dall'altro la firma definitiva tra esecutivo, azienda e sindacati per il salvataggio del sito produttivo della Alcatel Lucent di Battipaglia, rilevato dal gruppo genovese Vivado, che prevede il mantenimento di 300 posti di lavoro (come anticipato dal Sole 24 Ore del 4 giugno scorso).
Tornando alla rete c'è da chiedersi, però, quale dialogo si potrà instaurare tra Telecom e gli operatori alternativi. Nell'intervista su questo giornale, venerdì scorso, Franco Bernabè aveva escluso qualsiasi coinvolgimento del suo gruppo nel progetto lanciato da Vodafone, Wind e Fastweb, di un network alternativo. «Andremo avanti per la nostra strada, difenderemo la nostra rete e porteremo la banda ultra larga al 50% della popolazione da qui al 2018», aveva dichiarato il top manager di Vipiteno. Posizione ribadita, pur da un'angolatura diversa, da un altro manager di Telecom, Oscar Cicchetti, che ha detto: «Se ci fosse una reale domanda di banda gli operatori farebbero a gara per realizzare le nuove reti».
Quella di ieri, quindi, è difficile che sia un'apertura di Bernabè verso il piano degli operatori alternativi, quanto un modo nuovo e forse più intenso di collaborare sulle infrastrutture. «Una newco per le infrastrutture passive sarà il nostro punto di partenza – racconta Paolo Romani – in primis i cavidotti e la fibra spenta, che coinvolga tutti gli operatori. È ovvio che il ruolo del Governo sarà quello di cabina di regia, anche se adesso non abbiamo un ordine del giorno ma mi aspetto che da qui si esca con un business plan. Inoltre ho parlato con il presidente della Cdp, Franco Bassanini, e sono pronti a fare la loro parte se l'iniziativa sarà credibile e remunerativa», sostiene Romani. Perché la necessità di portare avanti un progetto di «Italia digitale» viene proprio dall'Europa. La commissaria Ue alle tlc, Neelie Kroes, continua il viceministro, «ha dettato le tappe dello sviluppo della banda larga in Europa, quindi va da sé che l'Italia si dovrà adeguare».