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Questo articolo è stato pubblicato il 20 giugno 2010 alle ore 08:05.
Dimenticare la sincronia. Marciano infatti a velocità differente i distretti industriali del made in Italy. A dimostrazione che questa lunga crisi si sta rivelando molto selettiva sia per le aziende sia per i settori produttivi e sia, infine, anche per i sistemi territoriali.
Con un ulteriore elemento di complessità che si manifesta a livello internazionale: ad esempio, tra i vari paesi i differenziali di crescita non solo sono meno sincronizzati rispetto al passato, ma le differenze tendono ad amplificarsi in maniera abnorme.
E questo accade pure, come vedremo, nei nostri distretti.
Nel primo trimestre dell'anno sono risultate ben 27 (su 101) le aree sistema che hanno registrato una crescita dell'export superiore al 10 per cento. Undici distretti hanno invece messo a segno una crescita delle esportazioni compresa tra il 5% e il 10%, mentre altri 18 cluster hanno avuto un andamento positivo ma inferiore al 5 per cento. Invece tra le aree sistema che hanno continuato a sperimentare un andamento negativo, si osserva una riduzione considerevole delle perdite, risultando il valore delle proprie esportazioni inferiore al 5% in 19 distretti.
Nel complesso la crescita aggregata di tutti i 101 distretti esaminati dalla Fondazione Edison si è fermata allo 0,3 per cento. Come mai questi risultati?
Spiega il vicepresidente, Marco Fortis: «L'andamento fortemente negativo di pochi grandi distretti che, per valori assoluti di export, pesano notevolmente non solo sul comparto di appartenenza, ma anche sull'andamento generale delle esportazioni distrettuali, condiziona pesantemente l'indice medio. Al punto che, se noi non considerassimo nell'analisi anche solo cinque di questi distretti "maglia nera", il risultato dell'export totale dei distretti sarebbe decisamente migliore». In questo caso il consuntivo sarebbe infatti in crescita del 3,3% a fronte del più debole 0,3% registrato da tutte le aree sistema.
«Per avere tale risultato – commenta Fortis – è infatti sufficiente trascurare i cluster del tessile-abbigliamento di Treviso e Carpi, che incidono pesantemente sull'export del comparto abbigliamento-moda; il distretto salernitano dei derivati del pomodoro per l'agroalimentare, i prodotti farmaceutici di Latina (che pesano molto nel comparto hi-tech) e gli elettrodomestici di Fabriano che hanno un discreto peso nel comparto dell'automazione-meccanica-gomma-plastica. Insomma, l'andamento negativo di pochi grandi distretti "sterilizza" quindi la marcia positiva registrata dalla maggior parte dei nostri sistemi territoriali».