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Economia Aziende

Certificati verdi in attesa di sblocco

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Questo articolo è stato pubblicato il 21 giugno 2010 alle ore 08:02.

PAGINA A CURA DI
Silvio Rezzonico
Giovanni Tucci
Più di un'ipotesi e meno di una certezza. Così pare al momento lo scenario di una marcia indietro sull'articolo 45 del Dl 78/2010, che sta portando al blocco del mercato dei certificati verdi. Almeno a sentire il sottosegretario allo Sviluppo economico, Stefano Saglia, che giudica un errore l'abrogazione dell'obbligo del ritiro dell'invenduto, a prezzi amministrati, da parte del Gse, il Gestore dei servizi energetici: ritiro che finora è stato decisivo sul fronte degli incentivi alle fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica.
Saglia ha assicurato che chiederà al Governo la proroga della misura almeno fino alla fine dell'anno, in attesa di una riforma delle agevolazioni, da tutti auspicata. E lo ha ribadito in occasione dell'audizione delle associazioni attive nel settore avvenuta alcuni giorni fa, in cui tra l'altro lo Sviluppo ha presentato il «Piano di azione nazionale per le energie rinnovabili ai sensi della direttiva 2009/28/CE», in cui non si fa alcun cenno all'abrogazione del ritiro anticipato.
Nel frattempo, l'articolo 45 del Dl 78/2010 è legge, e sta portando effetti rilevantissimi: primo tra tutti il semicongelamento degli scambi di certificati verdi (i cosiddetti "Cv") gestiti dal Gestore dei mercati energetici (Gme) ogni mercoledì. Nelle giornate successive all'emanazione del decreto (1° e 9 giugno) sono stati, rispettivamente, 3.386 e 1.886 i Cv compravenduti, contro una media nel periodo novembre 2009-maggio 2010 di 52.635 certificati a seduta. Non solo: in attesa di istruzioni del Governo, è possibile che il Gse blocchi il rimborso annuale chiesto a marzo dagli operatori dei Cv, che dovrebbe avvenire a giugno (anche se la situazione dovrebbe risolversi). Si tratta di cifre importanti: nel 2009, secondo i dati resi noti dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, la spesa per coprire l'invenduto era stata pari a circa 600 milioni di euro.
Anche in caso di cancellazione dell'articolo 45, è probabile che il settore delle rinnovabili paghi comunque uno scotto legato alla caduta di fiducia, anche alla luce della durata degli investimenti (circa 30 anni, con 15 garantiti dagli incentivi), che richiede grande stabilità normativa. I cambi sono gravissimi anche per società finanziarie e istituti di credito, che si sono esposti nel passato (c'è chi stima in almeno 8 miliardi di euro l'importo di tali finanziamenti) confidando su un regolare afflusso di denaro.

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Tags Correlati: Anev | Aper | Gestore dei mercati energetici | Marco Pigni | Prodotti e servizi | Simone Togni | Stefano Saglia

 

Insomma, almeno per ora, siamo allo stallo. Se il testo dell'articolo 45 dovesse essere confermato così come è, per le fonti rinnovabili che producono energia elettrica diverse dal fotovoltaico e di "taglia" superiore a 1 MW di potenza (che coprono quasi tutta la produzione di nuova generazione) suonerebbe la campana a morto. Oggi il rapporto tra domanda e offerta è di circa 8 a 15, il che significa che l'invenduto, ritirato a prezzo fisso dal Gse, era quasi la metà dei certificati emessi. Facendolo ripiombare sul mercato, la prospettiva sarebbe, secondo alcuni, il dimezzamento del valore dei Cv (attualmente pari, per il ritiro dell'eccesso, a 88,91 euro a MW).
Ma lo scenario del crollo dei prezzi non è realistico, come spiega Simone Togni, segretario generale dell'Anev (Associazione nazionale energia del vento): «L'offerta di certificati probabilmente sparirà dal mercato, in attesa di tempi migliori per i grandi gruppi che possono usare la validità triennale dei Cv; per gli altri è chiusura. È impensabile vendere a metà prezzo, quando con una caduta dei valori anche di pochi punti non si rientra nell'investimento. Se è impossibile farcela, l'alternativa obbligata è cedere direttamente alle banche gli impianti e i relativi titoli (i Cv) in esito al fallimento dovuto al default finanziario».
Secondo Marco Pigni, direttore dell'Aper (Associazione produttori di energia da fonti rinnovabili), i primi a risentire del crollo potrebbero essere gli impianti che funzionano a biomasse, perché soggetti, per funzionare, all'acquisto di combustibile di origine agricola o legnoso e quindi a esborsi ulteriori oltre quelli sostenuti per l'installazione, mentre l'eolico o l'idroelettrico si avvalgono di energie naturali e perciò risentiranno della contrazione dei valori solo in seconda battuta, ma in egual misura.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
I NUMERI

88,91
Il valore in euro
Si tratta del valore attuale del certificato verde per il ritiro dell'eccesso. Oggi il rapporto tra domanda e offerta è di circa 8 a 15, quindi l'invenduto, ritirato a prezzo fisso dal Gse, è quasi la metà dei certificati emessi
600 milioni
L'invenduto
Si tratta della spesa per coprire l'invenduto nel 2009, secondo i dati dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas

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