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Economia Politica economica

Dalla lotta al sommerso è atteso un gettito di 37 miliardi fino al 2013

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Questo articolo è stato pubblicato il 24 giugno 2010 alle ore 15:54.

La lotta al sommerso sta andando bene, ma c'è ancora tanta strada da fare. Parola della Corte dei conti, che nella giornata dedicata al giudizio sui conti dello Stato 2009, ha quantificato in circa 37 miliardi, il maggior gettito atteso dalla lotta all'evasione fiscale per il quinquennio 2009-2013. Si tratta, ha dichiarato il presidente di sezione, Gian Giorgio Paleologo, «di dimensioni rilevanti che però non esauriscono gli ampi spazi che il fenomeno evasivo presenta in Italia».

E che, secondo il procuratore generale della Corte, Mario Ristuccia, dipende anche da una sorta di «alibi pseudo-etici», alla base di fenomeni legati alla disobbedienza civile, collegata al peso della pressione fiscale e ai troppi adempimenti giudicati vessatori. Bisogna stare attenti, ha aggiunto, perché può accadere che, anche per effetto della crisi, una fascia di piccole e medie imprese e lavoratori autonomi privi di coperture siano spinti all'evasione, che interpretano come «una sorta di ammortizzatore sociale occulto».

Il sommerso, tuttavia, in Italia ha numeri impressionanti. Secondo l'Istat, ha ricordato la magistratura contabile, l'economia "non dichiarata" vale tra il 15,3% del Pil (pari a circa 227 miliardi) e il 16,9% (circa 250 miliardi). L'Eurispes arriva a valutarla fino a 270 miliardi. Cifre da "capogiro", evidenzia la Corte, anche se fan ben sperare i risultati 2009, dove, ha evidenziato Ristuccia, é stato raggiunto un livello di riscossioni superiore rispetto al già significativo risultato registrato nel 2008, con un incremento del 19,8% (a 7,043 miliardi), frutto del buono lavoro tra Tesoro, Entrate e Guardia di Finanza.

Tuttavia, non bisogna abbassare la guardia e la Corte presenta la sua ricetta, che passa per «un forte innalzamento dei livelli di adesione spontanea dei contribuenti», ma anche attraverso il «potenziamento degli strumenti investigativi, considerato il limitato numero di controlli espletabili annualmente dall'amministrazione rapportato ai milioni di soggetti potenzialmente a rischio». I frutti, poi, del contrasto all'evasione, secondo la Corte, non debbono essere esclusivamente legati a una crescente attività di repressione. Sarebbe preferibile, invece, riportare il sistema sanzionatorio, «la cui forza di dissuasione - ha spiegato Paleologo - è oggi forse eccessivamente indebolita, soprattutto nei confronti delle evasioni più diffuse, a un livello di effettiva deterrenza».

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Insieme a queste misure, ha proseguito Paleologo, potrebbe essere opportuno valutare anche la possibilità di «adottare strumenti giuridici idonei a consolidare i risultati dell'azione di accertamento svolta nei confronti di singoli contribuenti, evitando di dover reiterare onerosi percorsi probatori, pur in assenza di significativi mutamenti nello svolgimento dell'attività».

Sono arrivate invece critiche all'amministrazione finanziaria, sopratttutto, scrive la Corte, «nel persistente scarso interesse dimostrato, sia per una sistematica misurazione del fenomeno evasivo sia per un'attenta verifica ex post del maggior gettito effettivamente ottenuto con l'azione di contrasto». Bene, in ogni modo, la linea d'intervento prevista dalla manovra di Tremonti, «linea obbligata e razionale», ha sottolineato Paleologo, «considerato il già troppo elevato livello della pressione fiscale e le ampie possibilità di recupero di materia imponibile».

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