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Questo articolo è stato pubblicato il 28 giugno 2010 alle ore 08:04.
A CURA DI
Luana Tagliolini
Tetti e coperture – quelle parti che hanno la funzione di "chiusura" dell'edificio – possono assumere forme diverse, secondo la fantasia di costruttori e progettisti: superfici arcuate, inclinate o spioventi oppure strutture piatte e solitamente accessibili per gli usi più disparati, come i lastrici solari, cui vanno assimilate anche le terrazze a livello. A fronte di queste diverse forme, il criterio di ripartizione delle spese di manutenzione o di ricostruzione non è però lo stesso.
In linea di principio tetti e lastrici solari sono per definizione parti comuni: la normativa da applicare è quella sulla comunione in generale (articolo 1139 del Codice civile) per cui «il concorso dei partecipanti... tanto nei vantaggi quanto nei pesi della comunione, è in proporzione delle rispettive quote» che si presumono uguali (articolo 1102). Se nella comunione vige il principio della proporzione fra quota di proprietà e concorso nei vantaggi e nei pesi della cosa comune, nel condominio, poiché coesiste un regime di comunione con molteplici proprietà individuali, il grado di godimento delle parti comuni da parte dei condomini può risultare diverso in base al rapporto in cui, con quelle parti si trova, di fatto, il bene oggetto di proprietà esclusiva, tanto che le quote nel condomini sono espresse in millesimi.
Il tetto di un edificio condominiale, destinato alla copertura della parte sottostante, deve considerarsi comune a tutti i proprietari delle unità immobiliari (articolo 1117), alla stregua del lastrico solare di uso comune, sul presupposto che si tratti di entità condizionanti l'esistenza stessa dell'edificio e assolvendo la funzione primaria di protezione (pur potendo il lastrico essere utilizzato anche come "terrazzo"). In quanto bene comune a tutti i condomini che ne assumono la custodia con il relativo obbligo di manutenzione, «la ripartizione delle spese di riparazione deve avvenire in conformità dell'articolo 1123, comma 1, Codice civile e quindi in misura proporzionale al valore delle singole quote di proprietà esclusiva» (Cassazione, sentenza 1861/2001). Il valore millesimale, infatti, esprime il valore della proprietà di ciascun condomino sui beni comuni e, proporzionalmente al valore della rispettiva proprietà, si pagano «le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio» (articolo 1123, comma 1, Codice civile).






