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Economia Politica economica

In pensione con oltre 40 anni di contributi, Sacconi aggiusta il tiro: «È un refuso»

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Questo articolo è stato pubblicato il 01 luglio 2010 alle ore 18:03.

Contrordine sulle pensioni. L'emendamento secondo cui non basteranno 40 anni di contributi per andare in pensione «è stato un refuso, lo cancelleremo». Lo ha detto in serata il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, appena giunto in commissione Bilancio, al Senato, dove è all'esame la manovra di Tremonti. «È stato un refuso - ha detto Sacconi - non era intenzione né mia, né di Azzollini, né di Tremonti».

Come già accade per la legge Maroni e Damiano, ha aggiunto Sacconi, coloro che hanno accumulato 40 anni di contributi, sono esclusi dalle quote e dall'innalzamento dell'età di pensionamento. Il requisito di contribuzione, quindi, «verrà cancellato dall'agganciamento dell'età di pensione all'aspattativa di vita». Secondo Sacconi, l'errore é derivato da una «stesura tecnica zelante che non corrisponde alla verità».

«Una follia», aveva subito commentato la Cgil. Secondo Michele Gentile «folle» anche il fatto che con la finestra mobile «i lavoratori andranno in pensione più tardi e per il periodo che restano in più lavoreranno gratis». Un altolà al governo era arrivato anche dal segretario Generale della Cisl, Raffaele Bonanni. «Ai lavoratori che hanno già raggiunto 40 anni di contribuzione con la manovra correttiva è stato chiesto un sacrificio enorme - dice il leader Raffaele Bonanni - applicando anche a loro la finestra scorrevole di 12 mesi. Ora è necessario evitare che debbano subire, dopo il 2015, ulteriori penalizzazioni».

L'emendamento finito nel mirino del ministro del Welfare e dei sindacati era stato presentato dal relatore e presidente della commissione Bilancio Antonio Azzollini (Pdl). La norma stabilisce che dal 2016 (e non più quindi 2015) tutti i requisiti di pensionamento verranno aggiornati, ogni tre anni, sulla base dell'incremento della speranza di vita calcolata dall'Istat. Adeguamento che, stando alla modifica presentata, riguarderebbe non solo i requisiti anagrafici, ma pure il requisito unico dei 40 anni di contribuzione che consente di andare in pensione a prescindere dall'età.

Sarebbe stata una novità rispetto alle misure relative alla finestra mobile già contenute in manovra. L'adeguamento periodico dei requisiti è stato previsto dal decreto 78/ 2009 che rinviava a un decreto del ministero dell'Economia e del Lavoro l'emanazione delle norme attuative. In base all'emendamento, si legge nella relazione tecnica, l'incremento dei requisiti dal primo gennaio 2016 è stimato in tre mesi, mentre per i successivi adeguamenti triennali dal 2019 al 2030 la stima degli aumenti é di quattro mesi e torna a tre mesi dal 2033 fino al 2050 circa. Tutto ciò comporta, quindi, un adeguamento cumulato al 2050 pari a circa 3,5 anni. E, pertanto, rispetto a oggi, nel 2050 si andrà in pensione tre anni e mezzo dopo.

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Tags Correlati: Antonio Azzollini | Bilancio | Cesare Damiano | CGIL | Cisl | Cosimo Latronico | Inpgi | Istat | Mariangela Bastico | Maurizio Sacconi | Michele Gentile | Normativa sulle pensioni | Paolo Tancredi | Pd | PDL | Raffaele Bonanni | Senato | Tremonti

 

L'adeguamento all'aspettativa di vita media calcolata dall'Istat scatterà anche per le pensioni sociali. In sostanza, dal 2016 anche chi percepisce l'assegno più basso fissato a 516 euro vedrà spostarsi in avanti l'età in cui potrà riceverlo.

Critico anche il giudizio dell'ex ministro del Lavoro, ora deputato Pd, Cesare Damiano: «un duro colpo a quelle poche certezze rimaste che indurrà i lavoratori a una fuga di massa immediata verso il traguardo pensionistico da qui al 2015».

Dall'adeguamento triennale dei requisiti di pensionamento all'aspettativa di vita - si legge sempre nella relazione tecnica dell'emendamento - deriveranno risparmi, tra il 2016 e il 2020, pari a circa 7,8 miliardi: 60 milioni nel 2016, 800 nel 2017, 1,7 miliardi nel 2018, 1,9 nel 2019 e oltre 3,3 miliardi nel 2020. Dalla misura saranno interessati circa 400mila persone all'anno in media dal 2016 al 2020. La relazione tecnica evidenzia inoltre come il combinato disposto dell'intervento sulle finestre mobilì delle pensioni previsto dalla misura originaria e dell'emendamento Azzollini comporti complessivamente una riduzione dell'incidenza della spesa pensionistica sul Pil di circa 0,2 punti percentuali nel 2015, che sale fino allo 0,7% nel 2030, si attesta intorno allo 0,5% fino al 2040 per poi decrescere fino ad annullarsi intorno al 2050 e tornare intorno allo 0,2% al 2050.

Bisognerà invece attendere domani per agli altri emendamenti del relatore Azzollini, che erano già attesi per ieri. Tra le nuove modifiche che dovrebbero arrivare, salvo ripensamenti, l'emendamento sui magistrati, annunciato anche dal ministro Tremonti, e la cancellazione della contesta norma che aboliva i 40 anni di contributi come requisito per andare in pensione.

Per quanto riguarda invece l'innalzamento a 65 anni dal 2012 dell'età pensionabile per le lavoratrici del pubblico impiego, previsto dallo stesso emendamento del relatore alla
manovra, la relazione tecnica evidenzia che la misura interesserà 20-25mila donne e comporterà risparmi al 2020, compresi quelli derivanti della finestra mobile, per circa
1,4 miliardi.

La commissione Bilancio in mattinata ha dato il via libera a un emendamento del Pdl alla manovra che sblocca la vendita da parte dei comuni degli immobili di edilizia residenziale pubblica, anche se costruiti con un contributo statale o regionale. La proposta di modifica, a firma di Cosimo Latronico, Gilberto Pichetto Fratin e Paolo Tancredi, è un «completamento di norma» che serve a specificare meglio quanto già previsto nel Piano casa, che prevede, appunto, che le autonomie vendano ex case popolari reinvestendo nella costruzione di altre. L'emendamento estende questa possibilità anche agli alloggi ex Iacp costruiti con contributi pubblici e regionali che facciano parte del «piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari» che va allegato al bilancio di previsione dei comuni.

Tra gli altri emendamenti presentati dal relatore, spicca anche quello sugli enti di previdenza privatizzati, tra cui quindi anche l'Inpgi, che sono esclusi dalla stretta prevista dalla manovra che punta a ridurre le spesa degli apparati amministrativi e tra l'altro a ridurre i costi degli organi collegiali. La misura «non comporta effetti - si legge nella relazione tecnica messa a punto dalla Ragioneria dello Stato - visto che tale ambito di applicazione non è rilevante ai fini della quantificazione della manovra».

Novità anche sul fronte della scuola. Il tanto atteso emendamento, promesso anche da Tremonti ai sindacati qualche giorno fa, è arrivato. Ma è il caso di dire, ha spiegato al Sole24ore.com, la senatrice Pd ed ex vice ministro dell'Istruzione Mariangela Bastico, come «la montagna abbia partorito un topolino». La norma, infatti, si limita a rimandare a un decreto (di natura non regolamentare) di viale Trastevere e dell'Economia, sentiti i sindacati, la decisione di come destinare i risparmi (2,3 miliardi) previsti dal taglio agli organici inaugurati nel 2008. Formalmente, l'emendamento non modifica la norma che blocca fino al 2013 gli scatti d'anzianità.Tuttavia, la previsione normativa non esclude che, una volta centrati i risparmi (e certificati dal Tesoro), il decreto interministeriale possa effettivamente destinarli a rimpinguare le buste paga del personale scolastico, che, di volta in volta, passa di gradone. Di certo l'emendamento non brilla per chiarezza.

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