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Il brevetto Ue esclude l'italiano

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Questo articolo è stato pubblicato il 07 luglio 2010 alle ore 08:36.


STRASBURGO. Dal nostro inviato
Se sul brevetto europeo sarà discriminata sotto il profilo linguistico, l'Italia è pronta a esercitare il diritto di veto, sia pure dopo aver utilizzato tutti gli altri mezzi legali: lo hanno annunciato ieri senza mezzi termini tanto il ministro degli Esteri Franco Frattini quanto quello delle Politiche europee Andrea Ronchi. Rispondendo al presidente della Commissione Ue, Josè Barroso, che poco prima da Strasburgo aveva chiuso sulla possibilità di includere l'italiano tra le lingue, francese, inglese e tedesco, previste dalla proposta presentata il 1 luglio.
Dietro le quinte tutti sanno, in realtà, che il trilinguismo resta indigeribile non solo all'Italia ma anche alla Spagna, come del resto ha ribadito ieri proprio a Strasburgo il primo ministro Josè Zapatero. Per questo mentre con una mano si mette sul tavolo la nuova proposta di compromesso con l'altra si sta già organizzando, in caso di blocco, una soluzione alternativa.
Visto che la decisione sul brevetto va presa all'unanimità, che anche questa volta sarà impossibile, l'idea di molti è tagliare la testa al toro dopo oltre tre decenni di immobilismo imboccando la strada delle "cooperazioni rafforzate", rese possibili dal nuovo Trattato di Lisbona. In pratica, tutti i paesi che sono d'accordo aderirebbero al nuovo sistema. I contrari ne resterebbero fuori. Un precedente esiste già: riguarda la legislazione sui divorzi delle coppie transeuropee, una cooperazione rafforzata partita di recente, in questo caso con la partecipazione dell'Italia.
Per farla scattare, una volta constatato con voto all'unanimità l'impossibilità di arrivare a un'intesa, basteranno 9 paesi sui 27 dell'Unione. Disposti a tirare dritto per uscire dall'impasse sul brevetto europeo, in realtà ce ne sarebbero già 14: oltre a Francia, Germania e Gran Bretagna, Belgio, Lussemburgo, Olanda, Svezia, Danimarca, Portogallo, Polonia, Slovenia e Romania. E' realistico tenere a battesimo un altro brevetto europeo "ristretto" accanto a quello dell'Ufficio di Monaco che vale già soltanto per 13 paesi dell'Unione? Difficile, a meno che non si arrivi a un numero molto vicino a 27. Comunque la prospettiva dell'accordo separato potrebbe servire come arma di pressione per coagulare il consenso. Questo, almeno, è quello che sperano molti.

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Tags Correlati: Italia | Josè Barroso | Josè Zapatero | Marchi e brevetti | Patrizia Toia | Politiche Europee | Roma (squadra)

 

«Sono decenni che ne discutiamo. È venuto il momento di stringere anche grazie all'entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Abbiamo deciso di seguire per il nuovo brevetto europeo l'attuale regime linguistico dell'Ufficio di Monaco, basato su tre lingue di lavoro. Non si tratta di fare un concorso di bellezza tra la lingua più bella ma di trovare la soluzione più efficiente che tagli i costi del brevetto in Europa» aveva dichiarato Barroso.
«La posizione del presidente della Commissione sul trilinguismo è francamente inaccettabile» ha subito replicato Ronchi, aggiungendo che l'Italia «non è disposta ad avvallare un regime fortemente discriminatorio e penalizzante per le imprese italiane». Non a caso ieri Farmindustria è scesa a sua volta sul piede di guerra. L'Italia l'anno scorso ha registrato all'Ufficio di Monaco quasi 4mila brevetti.
«La posizione assunta da Barroso è illegittima e discriminatoria» hanno denunciato ieri, presentando un'interrogazione parlamentare, 5 eurodeputati del Pdl-Ppe (Salatto, Bartolozzi, Muscardini, Rivellini e Tatarella). «La proposta sarebbe molto dannosa per la competitività delle imprese italiane in un momento critico per l'economia» ha rincarato Patrizia Toia (Pd).
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