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Questo articolo è stato pubblicato il 07 luglio 2010 alle ore 08:37.
PAGINA A CURA DI
Cristina Casadei
Sulla parete a sinistra della scrivania di Simone Lovati c'è un grande schermo piatto sintonizzato su Twitter. Sul tavolo una whiteboard. Davanti un doppio schermo con i progetti a cui sta lavorando. Cosa fa Simone Lovati? Il consulente di direzione. Del suo modo di lavorare ha raccontato una sua collega Rita Bonucchi di fronte a una platea di diverse centinaia di persone riunite al Palazzo del lavoro di Gi group: manager alla ricerca di un nuovo lavoro ed head hunter. Perché viene da chiedersi, sapendo dei tanti manager che non hanno tutta questa gran familiarità con la tecnologia e che i social network sanno vagamente cosa siano per i racconti di figli e nipoti più che per l'esperienza che deriva dall'uso. Rita Bonucchi, però, mette in guardia manager che si devono ricollocare ed head hunter: «Nel 2010 si lavora così. E i social network impattano sul modo quotidiano di lavorare perché aumentano il multitasking e richiedono una distinzione particolare di time managing. Certo la modalità di lavoro di Lovati è un po' estrema ma è chiaro che i social network ormai sono arrivati nelle stanze dei bottoni». Forse più che di social sembra allora arrivato il momento di parlare di social business network. E chi si occupa della ricerca e selezione di manager non può certo ignorarlo.
Basta scorrere un po' di numeri per capirlo meglio. Tra i social network quello che è più utilizzato dai professionisti rimane Linkedin che ha un pubblico di utilizzatori molto diverso dagli altri. Twitter è quello di chi è connesso 24 ore, sette giorni su sette, 365 giorni all'anno e scrive di tutto a tutti. «In questo caso in particolare – dice Bonucchi – abbiamo notato un forte progresso degli utenti, che ormai hanno raggiunto il milione, nelle fasce alte». Facebook, infine, quello di chi lo usa la sera durante la settimana e sempre nei weekend per condividere informazioni personali con gli amici e la famiglia. Infine Linkedin è per chi lo usa da lunedì a venerdì, dalle 9 del mattino alle 5 del pomeriggio e lo fa per fare carriera e per il network professionale.
Brianna Foulds, senior manager del recruiting alla Cpk, aggiorna solo occasionalmente la sua pagina personale di Facebook, così come solo occasionalmente riceve candidature su questo social network. In compenso spiega ai candidati «di mantenere il suo profilo su Facebook con un taglio più personale, per gli amici e la famiglia» e consiglia a loro «di connettersi a Linkedin». Christina Ousely, della CO-OP financial services, sta utilizzando Facebook «per ragioni personali e non lo ha mai usato per il recruiting. Sono sempre esitante quando devo aggiungere persone alla mia pagina perché ci sono anche foto di mia figlia e cose del genere». Jeff Todd della UC Berkeley spiega che «ci sono innumerevoli questioni che sorgono quando si guarda un profilo su Facebook e si scopre la religione di una persona, il suo orientamento politico e il suo aspetto». Il problema aggiunge Todd «non riguarda il fatto di rifiutare alcuni candidati per via di ciò che si è saputo dal loro profilo. Il fatto è che una volta che si guarda al loro profilo ci potrebbe essere la percezione che si sia rifiutato il candidato per questa ragione».