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Pomigliano farà la Panda, ecco i segreti della nuova utililitaria

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Questo articolo è stato pubblicato il 10 luglio 2010 alle ore 09:56.

La nuova Panda (qui tutte le novità su come sarà fatta) verrà prodotta nello stabilimento di Pomigliano D'Arco. L'ad del Lingotto, Sergio Marchionne, ha confermato l'attuazione dell'accordo del 15 giugno con una decisione che sblocca l'investimento da 700 milioni, nell'incontro che si è svolto ieri a Torino con i leader dei sindacati firmatari dell'intesa (Cisl, Fim, Uil, Uilm, Fismic e Ugl). Non è stata convocata la Fiom che non aveva firmato, così come la Cgil che per voce del segretario Guglielmo Epifani considera l'esclusione un «fatto senza precedenti».

L'incontro era molto atteso dopo che al referendum tra i lavoratori dello stabilimento di Pomigliano si era affermato il sì, ma con una percentuale (67%) ben inferiore alle attese, tanto da mettere a rischio il trasferimento della produzione della panda dalla Polonia all'Italia. Ma guardando a quella maggioranza dei lavoratori che ha dato il proprio assenso la Fiat ha deciso di «dare continuità produttiva allo stabilimento campano e a tutto il sistema della componentistica locale», che riguarda all'incirca 15mila persone. Un comunicato della Fiat spiega che l'azienda e i sindacati firmatari dell'accordo «si impegneranno per la sua applicazione con modalità che possano assicurare tutte le condizioni di governabilità dello stabilimento». L'attuazione dell'intesa su Pomigliano ha anche una valenza più generale, essendo considerata dal Lingotto «la condizione necessaria per la continuità dell'impegno della Fiat nel progetto Fabbrica Italia» che prevede il raddoppio della produzione di auto in Italia entro il 2014.

Con una lettera inviata a tutti i dipendenti (si veda l'articolo a fianco), Marchionne ha sottolineato la scelta «eccezionale» della Fiat di «compiere questo sforzo in Italia, rinunciando ai vantaggi sicuri che altri Paesi potrebbero offrire». Un concetto ribadito dal presidente della Fiat, John Elkann: «La decisione di procedere con gli investimenti programmati è un importante segnale di fiducia – ha detto –. Significa che crediamo nell'Italia e intendiamo fare fino in fondo la nostra parte. Molte cose stanno cambiando intorno a noi, e oggi può essere l'inizio di una fase completamente diversa». Per Elkann il successo «dipenderà da quanto ciascuno saprà essere protagonista di questo cambiamento».

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Tags Correlati: Attività sindacale | CGIL | Fiat | Fim | Fismic | Guglielmo Epifani | Italia | John Elkann | Luigi Angeletti | Maurizio Sacconi | Polonia | Raffaele Bonanni | Sergio Marchionne | Ugl | Uil | Uilm

 

Il governo, tramite il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, saluta con «grande soddisfazione» la decisione non solo per «i grandi volumi di lavoro» generati, ma anche perché «è per la prima volta il frutto non di interventi pubblici ma dell'autonoma capacità delle parti sociali di creare condizioni tali da rendere conveniente l'investimento». Il numero uno della Cisl sottolinea che «nonostante tutti i profeti di sventura e le chiusure ideologiche e politiche di una minoranza rissosa» la Fiat «non si è tirata indietro confermando gli impegni per Pomigliano». Raffaele Bonanni considera l'intesa una «svolta storica», una «iniezione di fiducia» auspicando che «altre imprese seguano l'esempio della Fiat di riportare le produzioni in Italia».

Forti critiche da Guglielmo Epifani, che nonostante il no della Fiom aveva annunciato il sostegno della Cgil al referendum e all'investimento su Pomigliano: «Ognuno può incontrare chi vuole – spiega il leader della Cgil – ma è sbagliato scegliersi gli interlocutori al semplice scopo di farsi dare ragione. Questo apre un problema formale nei rapporti fra Cgil e Fiat». Epifani fa sapere che la Cgil «non delegherà ad altri il ruolo della rappresentanza dei lavoratori» e «non accetterà mai che siano gli interlocutori a scegliere con chi confrontarsi», aggiungendo: «parteciperemo ad ogni sforzo per consolidare la produzione e tutelare l'occupazione ma senza mai rinunciare alla difesa dei diritti dei lavoratori».

Per Luigi Angeletti «se la Cgil vuole essere della partita è la benvenuta purché non crei ostacoli alla piena attuazione dell'accordo». Il segretario della Uil ricorda la peculiarità della vicenda di Pomigliano: «Negli altri paesi i sindacati fanno i salti mortali per difendere quello che hanno – sostiene -, rinunciano a scioperare, si sono ridotti i salari per evitare le delocalizzazioni. In questo caso si sposta in Italia una produzione dalla Polonia, ecco perché l'investimento su Pomigliano va difeso a qualunque costo».

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