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Questo articolo è stato pubblicato il 14 luglio 2010 alle ore 13:59.
Ha ammesso che, di fronte alla crisi economica, «il paese ha tenuto, tiene e terrà». E soprattutto ha riconosciuto che «l'austerità è certamente una necessità e una responsabilità». Così il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, ha esordito davanti all'assemblea di Confcooperative. «Siamo a un tornante della storia - ha detto il titolare di via XX Settembre - non solo per noi ma per tutti i paesi». Tuttavia, è l'analisi di Tremonti, «vedo una prospettiva non negativa, ma positiva per il nostro continente».
Il ministro ha voluto dare atto al «diffuso senso di responsabilità» manifestato dal paese nel suo insieme, anche a volte con le critiche di alcuni pezzi della società e, in particolare, del sindacato. Tremonti ha ricordato che la manovra «è stato un passaggio che contiene alementi di riforma. Nessuno ha avuto l'idea di rottura del clima di coesione sociale e questo è dovuto a un profondo senso di responsabilità».
Tremonti ha poi ripreso l'immagine dell'albero storto che aveva tratteggiato un po' di tempo fa. «La crisi - spiega - ha reso evidente che l'albero della finanza pubblica italiana è cresciuto storto». Tutto è iniziato, ha precisato il ministro, «agli inizi degli anni '70 quando tutto è stato centralizzato. All'inizio di quel decennio l'Italia era l'unico Paese che non aveva una finanza locale. La finanza pubblica italiana era più federalista ai tempi del fascismo che dopo». Nel momento in cui tutto è stato centralizzato, ha affermato Tremonti, «lo Stato ha trovato solo la strada del debito pubblico. Il federalismo serve a raddrizzare l'albero storto della finanza pubblica italiana».
Secondo il ministro la risposta dei paesi Ue agli assalti speculativi all'euro ha prodotto qualche cambiamento. «Prima - ha chiarito Tremonti - avevamo un continente che aveva unità geografica ed economica con una moneta comune, ma totalmente privo di strumenti di governo economico». Da quel momento in poi, con la risposta dei governi europei a sostegno dell'euro «qualcosa è successo e qualcosa deve cambiare. Questo continente produce più debito che ricchezza, più deficit che Pil. Per questo è comune convinzione che non può continuare così». (Ce. Do.)